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Monologhi (Parte 4 – Coming of age)

Luz
immagine appartenente al rispettivo autore

Questa è la quarta parte del “mini-racconto” Monologhi. In totale saranno 5 parti. Cinque improvvisazioni di cinque anonimi protagonisti. Nessuno di loro ha un nome. Nessuno di loro l’avrà mai.

Prefazione e Parte 1: Somewhere over the rainbow
Parte 2: All you need is love
Parte 3: Halleluja
Parte 4: Coming of age
Parte 5: Bed of roses


Coming of age


Vorrei raccontarvi una storia. Parla di un uomo che fu lasciato. Diceva che non c’era modo migliore di esorcizzare il dolore che con le parole. Allora partiva e scriveva. Finchè aveva fiato e forza nelle mani.
Aveva una penna stilografica. Di quelle che ormai non si vedono più tanto spesso.
Poggiata sul tavolo in mogano c’erano quella penna e un serbatoio ripieno di inchiostro.
Aveva dei fogli bianchi sulla scrivania. Fogli vuoti. Per quando il suo cuore era troppo pieno. O forse erano bianchi perchè ancora era troppo vuoto. Non saprei dirvelo.
L’uomo scriveva per salvarsi. Pensava che ci fosse solo quel modo di salvarsi.
Il sesso facile, il fumo, o altri vizi, non gli dettero mai la stessa risposta delle parole. Loro erano un’eiaculazione precoce. Un qualcosa di gustato solo in parte. Non gli permettevano di soffocare tutte quelle immagini.

La scrittura, invece, si.
Ci riusciva. E l’uomo non sapeva neanche come. Capitò svariate volte. Il modus operandi era il solito. D’un tratto l’amore spariva nello stesso modo in cui era apparso. Le avvisaglie erano sempre le solite. Aumento del raziocinio, lamentele o litigi, assenze. L’uomo veniva quindi abbandonato, gettato.
Ed alla fine del travaglio cosa gli rimaneva? Sabbia che scivola via, aria che non puoi raccogliere, tante parole soffocate nel mezzo della gola. Pronte ad uscire, ma non mature abbastanza per essere apprezzate.

Non è l’unica storia che vi potrei raccontare, è vero. Milioni di persone sono così. Per alcune è la scrittura, per altre l’alcol, per altre ancora non saprei dire cosa permette a loro di superare il buio della camera.
Ma sicuramente qualcosa riescono a trovarlo.
Quelle che non ci riescono, beh, meglio che non sappiate cosa decidono di fare.
Comunque questa era la sua vita.
E lui prendeva il suo computer, in ere passate sarebbe stato di fronte ad una macchina da scrivere o magari di fronte ad un semplicissimo foglio di carta, con una piuma da intingere in dell’inchiostro.
Ma oggi abbiamo la tecnologia che ci salva dalla fatica, per fortuna.
Iniziava a scrivere. In maniera naturale. Partiva a volte da storie semplicissime. Due persone che camminano, un ragazzo che guarda il cielo, un obiettivo nella vita. Per poi trasformarle, con quella magia di cui ogni scrittore in qualche modo è dotato.
Altre volte invece iniziava la trama come una fiaba.
“C’era una volta” diceva.
Voleva trasmettere al lettore quel senso di antico, di raro, di fanciullesco, che ogni tanto la gente dimenticava.

Dov’è, vi chiederete?
Non saprei dirvelo. L’ultima volta che lo vidi girovagava per i negozi del centro città. Il suo sguardo sembrava perso oltre una vetrina di un negozio di vestiti.
Fermo immobile, le mani che in qualche modo si aggrappavano ai suoi stessi pantaloni, li stringevano in maniera nervosa.
I suoi occhi trapassavano letteralmente i vetri per guardare oltre quei manichini.
Magari si era innamorato di nuovo, o era semplicemente invidioso di chi poteva permettersi quei vestiti.

Vi aspettavate una morale? E’ come sperare che Dio sia giusto. Non c’è una morale. Non c’è mai.
Quando qualcuno muore pensate che Dio l’abbia voluto? Se una persona è stata salvata pensate sia volontà divina?
Una volta un prete mi disse che la fede non era il contenuto di un bicchiere, ma il bicchiere stesso. Noi eravamo invece il contenuto. Per questo non c’è una morale in questa storia. Non c’è una morale in nessuna delle storie. Ciononostante non significa che dalle storie non ci sia da apprendere, ma non sempre la risposta è decisa da chi narra.
Io sono solo un giullare, un contenitore, siete voi invece che dovrete trovare un senso a tutto questo. Di più non saprei dirvi.

Andrea (sdl)

Di Andrea Grassi

Scrittore, programmatore di siti web. Appassionato da sempre di ogni forma di scrittura (copywriting, marketing, romanzi). Vivo a Montevarchi e non me ne pento.

2 risposte su “Monologhi (Parte 4 – Coming of age)”

la scrittura migliore è quella che nasce dal proprio vissuto… Non l'autobiografia, ma il racconto delle proprie sensazioni… Questa è la scrittura più vera e viscerale. Sono belli i tuoi racconti perché parlano di te (e si capisce). Mica vogliamo fare la fine di Moccia, no?

Che dire ilaria, sembra scontato ma mi fa piacere di essere apprezzato. Sono davvero felice di raggiungere le persone che continuano a seguirmi, e spero di non deluderle mai 🙂
Comunque Moccia meglio evitarlo! 😀

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