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Racconti

Monologhi (Prefazione e Parte 1 – Somewhere over the rainbow)

monologue
immagine appartenente al rispettivo autore

Questo è un “mini-racconto” che suddividerò per convenienza in più post su questo blog. In totale saranno 5 parti. Cinque improvvisazioni di cinque anonimi protagonisti. Nessuno di loro ha un nome. Nessuno di loro l’avrà mai.

Alessandro prende tra le mani il foglio. Su di esso svariati nomi si stendono nero su bianco. Il foglio è carta semplice, fine, senza qualità.
Alessandro siede su una sedia come tante, di quelle che non ricordi mai, le famose sedie ripiegabili. Al suo lato ci sono Giulia, Riccardo, Stefano ed a completare il cerchio Sandra.
I cinque giudici. Perchè loro, tra tutti, dovranno trovare la persona speciale. Le indicazioni sono chiare. Qualcuno capace di fare la differenza, che abbia quel fattore speciale, quella cosa unica che rimarrà nei cuori del popolo.

E loro cinque sono qui per ascoltarli, ciascuno dovrà dire loro qualcosa. Ed il primo sulla lista sta entrando ora sul palco del teatro. Pronto a dire ciò che pensa.

Somewhere over the rainbow

Chiudo gli occhi ed immagino un mondo diverso. Capita sempre così quando lo faccio. Quando mi lascio cullare da un’idea, una speranza. Che la guerra finisca, o che ci sia un futuro migliore per noi.
Chiudo gli occhi e so che potremo farcela. E’ questa la mia speranza.
Come quando raccontiamo le fiabe, e sappiamo che il bene trionferà leggiadro su tutto il male del mondo. Questa è la nostra speranza, la nostra voglia di fare. Di essere, di vivere.

Eppure mi guardo, e guardo voi. E capisco che c’è una gerarchia da rispettare, un capo a cui fare rapporto, i conti da pagare a fine mese. So bene che tutto questo non si può ignorare perchè così è fatto il nostro mondo. Intrecci. Rapporti, situazioni.
Il bacio, la conquista, sono le ultime cose romantiche che ci vengono concesse. Niente cavalieri, nè draghi, nè principesse in cima ad un castello.
Siamo alla costante ricerca di emozioni forti, nei film, o nelle vacanze d’avventura.
I più onesti accettano l’abitudine. Il solito caffè, la solita sveglia, il solito profumo. Perchè in fondo l’abitudine è più romantica di quanto tutti noi crediamo. L’odore del pane appena fatto, l’odore del caffè, l’inverno, l’autunno. Queste sono cose abitudinarie, che ritornano, cicliche come la nostra stessa vita. Eppure non mancano mai di stringerci il cuore e di farci pensare che sì, in fondo non era poi così male.

Poi torniamo nel nostro flusso, anestetizzati dalla tv, da internet, dall’assenza di vero e sincero contatto umano. Quando tutti balliamo inutilmente in una discoteca, urlando, sbraitando, provandoci, bevendo per dimenticare, eccoci nel nostro zenit autodistruttivo. Vorremmo forse fare qualcosa di migliore di questo? E perchè questo migliore non può essere un ritorno alle origini. A cosa significava dire “Mi piaci”. Quando ancora sapevamo arrossire. Quando tutto questo era più ingenuo, quando il sesso era mistero e non trasgressione. Quando svegliarsi al mattino era un inizio e non una nuova fine.

Quando abbiamo smesso di sognare? Non è la morte di Babbo Natale ad avercelo insegnato. Ma forse è stato il mondo. Non il lavoro, non la scuola, non i parenti.
Ad un certo punto della nostra vita ci siamo semplicemente fermati. E da lì in poi abbiamo cercato di muoverci, di allontanarci disperatamente da questo mondo, fuggendo in paesi esteri, tagliando contatti, traversando mari, allontanandoci, cambiando numero di telefono, cambiando amicizie. Cambiando pure i partner.

E non ci siamo mossi di un millimetro. Quella paura ancora ci affonda. Siamo in mare aperto signori. Ed il capitano sta dicendo solo una cosa: Abbandonare la nave.
Abbandonare la nave.


Le altre parti del racconto:

Prefazione e Parte 1: Somewhere over the rainbow

Andrea (sdl)

Di Andrea Grassi

Scrittore, programmatore di siti web. Appassionato da sempre di ogni forma di scrittura (copywriting, marketing, romanzi). Vivo a Montevarchi e non me ne pento.

2 risposte su “Monologhi (Prefazione e Parte 1 – Somewhere over the rainbow)”

Bellissimo, giustissimo, come al solito. Poco teatrale ti dirò ma sarebbe da provare. Domanda: ma la foto è tua? Dove l'hai fatta? Sto cercando disperatamente un pavimento simile per fare una foto…

Per il teatrale aspetta il racconto due, che è una conversazione più che un monologo (sebbene nella mia immagine la persona interpreti entrambi i personaggi 😉 ) e magari ha più elementi da mettere in un ambiente da teatro (o magari no).

Per la foto, beh, non è mia. Se ci clicchi vai nella pagina flickr dell'autore
🙂

Sono contento ti sia piaciuto!

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