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Contro La Solitudine Dell’Era Digitale

Joshua Tree, Sunset.  Southern California.
immagine appartenente al rispettivo autore (Randy Weiner Photography, su Flickr)

Ci sono vuoti che non siamo capaci di colmare.
Iridescenze nella notte che non siamo capaci di nascondere.
Le chiamiamo paure quando non sappiamo dare loro altro nome, ma la verità è che avremmo preferito fare diversamente, scegliere una via migliore.
Con tutti i buoni propositi di una vita ci guardiamo e ci chiediamo: Potevamo fare meglio?
Si, decisamente.
E allora salgono tutti i dubbi legittimati dalla domanda.Cosa ho sbagliato, perché.
Ci ripromettiamo di essere padri migliori, figli migliori. Facciamo fioretti per un anno migliore ed alla fine dell’anno contiamo come siamo stati incapaci, e allora abbassiamo il tiro, o lo alziamo.
In entrambi i casi alla fine d’anno successiva saremo ancora tutti qui, a dirci che avremmo potuto fare meglio.
Che nel mondo non dobbiamo arrenderci, che dobbiamo renderlo più bello, più accogliente. Ma poi alla resa dei conti, nel rush finale, ci accorgiamo di esser senza fiato. Inutili, abbandonati.”

Desmond, 51 anni, guarda il foglio con evidente malinconia.
Il suo respiro è sicuro, le sue mani si aggrappano al foglio come alla verità di questo mondo, i suoi occhi non si staccano da ogni lettera.

“Guardo i miei figli. E guardo mio padre. Ed infine guardo me.
Capisco che c’è qualcosa di malato in tutto questo.
Cosa ci rende così incapaci di superarci?
Di evitare che la storia si ripeta?
Le guerre, i morti, la fame nel mondo.
Tra altri cinquant’anni forse saremo ancora qui, ed un ignoto Desmond Duprè verrà a raccontarvi la sua verità, di fronte ad una platea simile a quella che voi rappresentate.
E tutto questo parlare saranno parole al vento, come questa tecnologia che non ci lascia niente.
Questi social network di oggi che ormai sono solo un modo di vestirsi e non di comunicare.”

Prende una pausa, fa un grosso respiro.
E’ importante che capiscano, pensa.
Che comprendano il valore di quest’affermazione.

“Vestirsi, esatto.
E’ questo che ho detto.
Ragionate: Tutti questi Facebook, twitter, cosa sono diventati adesso se non un modo di vestire?
Tu come ti vesti?
Io “Ci tengo agli animali”, “Viva il duce”, “Fuori i clandestiti”, “Evviva il comunismo”, “Quelli che non c’hanno capito nulla”.
Sono tutti vestiti.”

Guarda di fronte a se, il bordo delle sue labbra si increspa leggermente quasi ad accennare un sorriso.

Abbiamo perso il bisogno di condividere, di comunicare. Ormai siamo solo abbandonati, senza una direzione, una strada da seguire. Sentiamo il bisogno di identificarci in una società che, grazie ai mezzi come internet, ci fa sciogliere come zucchero nell’acqua.
Ci nasconde, ci fa scomparire.
Chi è Desmond Duprè? Un pazzo, un visionario?
Nessuno di questi.
Sono solo una persona che sta cercando di nuovo la propria identità, come anche voi dovreste fare.
Smetterla con tutto questo digitale, non si digitalizza un sentimento, non si trasmette l’amore attraverso bit o internet. Il mio calore non lo sentirete mai, e la mia voce, non vi arriverà mai così calda, attraverso un qualunque strumento multimediale.
Riconquistiamo questa terra, prima che sia troppo tardi”

Le rivoluzioni, raccontava Duprè, non si fanno in cinque minuti.
Ci sono dei bisogni che le fanno nascere.
Che permettono a persone diverse di aggregarsi in base ad una necessità.

“Ecco signori, io penso che noi dovremmo iniziare a farla questa rivoluzione.
Necessità di sentimenti, di vivere, di sentire tutto questo mondo, il sole, il vento, il sapore della pasta, l’odore dell’autunno, il calore delle mani.
Voglio combattere contro la solitudine di quest’era digitale, assieme a voi.”

Desmond chiude gli occhi. Poi li riapre.
Trecento posti di fronte a lui lo osservano, trecento posti vuoti.
Desmond ripiega il foglio in quattro, poi si toglie gli occhiali e li poggia nel taschino, Il sorriso scomparso.
La fievole luce che lo illumina si spegne con un secco tic.
Nessun applauso, nessun ringraziamento.
Lo spettacolo è finito.

Andrea (sdl)

Di Andrea Grassi

Scrittore, programmatore di siti web. Appassionato da sempre di ogni forma di scrittura (copywriting, marketing, romanzi). Vivo a Montevarchi e non me ne pento.

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