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Pensieri

Sulla presunta libertà di parola


Ho assistito pietrificato ad una parte dei vari monologhi di celentano su RockPolitik.
Pietrificato davanti a tutti quei “rock” e quei “lenti” che finivano col dire quello che la gente voleva sentirsi dire, tirando un pò nel mezzo per accontentare tutti (vedesi : share televisivo).
Penso che la gente abbia preso come oro colato tutto quell’uso improprio di lento e di rock, forse davvero troppo.
Il motivo?
Celentano diceva cosa gli andava bene e cosa no.
Ma non diceva perchè.
Quei discorsi erano discorsi chiusi, senza dialogo, senza controbattute. Una via unica di comunicazione percorsa unicamente dal proprio ego.

Non ho seguito il resto del programma, e su quello non potrò commentare. Non l’ho seguito per mancanza di tempo e di interesse, perchè dopotutto non sono uno spettatore assiduo.
Ma comunque quelle frasi mi hanno davvero gelato il sangue.
Per quanto potessi condividerle era un modo violento di proporre una comunicazione a senso unico.
E non c’erano messaggi da trasmettere. Era un insieme binario di cose.
Mi a bene, non mi va bene.
Cel’ho, non cel’ho.
Mi ama, non mi ama.
Vivo o morto.

E questo proprio non l’ho digerito.
Celentano sa più di animatore di masse, che altro. NOn so quanto abbia detto poi, ma quello che è certo è che in quei rock lenti c’era poco, davvero poco.

“Parole, parole parole
parole parole parole
parole parole parole
parole soltanto parole…” diceva la canzone.
Una canzone che non era nè rock nè lenta (beh, forse un pò)

Andrea (sdl)

Di Andrea Grassi

Scrittore, programmatore di siti web. Appassionato da sempre di ogni forma di scrittura (copywriting, marketing, romanzi). Vivo a Montevarchi e non me ne pento.

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