Sorride dal divano con aria compiaciuta. Mi guarda e sorride. Quasi nascondesse chissà quale segreto che a noi umani è negato.
Il suo corpo poggia sul tessuto indeciso senza volgarità, con la perfetta sincronia di tempi e colori che pochi artisti sarebbero davvero stati capaci di trovare.
E in tutta questa perfezione che fa eco nel vuoto : sorride.
In ogni racconto che ha una stanza per protagonista in genere ci sono due persone, o almeno una persona capace di rendere fede alle necessità narrative del povero scrittore. Qui no.
C’è solo un sorriso. Di quelli che non puoi dimenticare. Che ti guardano dall’oltretomba della verità per renderti cosciente di quest’inferno ardente, di questo paradiso ghiacciato. E ti scruta, con occhi che la più bella delle donne avrebbe perso alla nascita, quelli dell’innocenza.
E poi, quando sei quasi per andartene, chiamerà il tuo nome. Come unico tra i miliardi di sfortunati su questa terra. Tu soltanto. Perchè ora il suo sorriso è tuo e tu le sei davanti. Unico uomo a rappresentare l’umanità intera.
Cosa gli risponderesti? Fermeresti il tuo sguardo sulle vesti increspate che scivolano via fin oltre l’orizzonte dei tuoi occhi? Oppure sfideresti quegli occhi da bambina? Oppure ancora le risponderesti?
E chissà cosa mai farebbe, lei, davanti alla tua misera reazione.
Ti potrebbe condannare con un solo sguardo, un tocco nell’anima e poi via, nulla più.
Nessuno dolore ti colpirebbe ancora, perchè tu non potresti provarne ancora, e di fronte a questa condanna, c’è davvero poco da star tranquilli.
Ma così non andrà stamani. Ti sveglierai come di consueto.
Ti agiterai con un caffè, e poi, una volta pronto, troverai quel divano
vuoto
ad aspettare nessuno.
Non ci saranno le vesti increspate, gli occhi da bambina, lo sguardo, la perfezione.
Non ci sarà la musica, ma forse tel’eri immaginata, non ci sarà niente.
Solamente un divano, te stesso, e la solitudine delle 7.30
Andrea (sdl)