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A Journey, the Journey

La musica è un viaggio, una zona d’ombra dove ti ritrovi a camminare, una storia d’amore e di lotte, di sconfitte, di vittorie. E’ una battaglia per l’esistenza, per la ricerca di quel qualcosa, di quel brivido sulla schiena, del ritorno di voce da oltre il palco, del pubblico che salta, che balla, che canta, delle luci psichedeliche di un palco in attesa, delle mille paure di una voce che può sparire, di un momento che può dissolversi, dei mille sentimenti nascosti dentro una canzone, delle centinaia di vite che la vivranno davvero quella canzone.

I Journey sono un gruppo che fa Rock Melodico dal ’70. Quel rock di cui ricordi bene le melodie, che ha alcune ballads veramente incomparabili. Ascoltando l’album-raccolta del ’91 : The Ballads, dove sono raccolte tutte le loro canzoni d’amore lente c’è la voce di Steve Perry che veramente quel brivido incredibile te lo fa vivere, e sentire. Senti la schiena e la sua voce, così bella, invadere la stanza e portarti altrove. Poi sovraggiungono le chitarre, la tastiera, la batteria, in un mix tenero, e quei testi, così adatti, così “vivi”.

Steve Perry, a mio parere, ha avuto una delle voci più belle da molto tempo. E’ una voce in un qualche modo perfetta per quel genere, capace di tutto quello che quel genere chiedeva, e forse anche più.
Qui, in una dolorosa recensione di un live messo su dvd da poco, Steve Perry si racconta, racconta dei suoi problemi, della malattia alla gola che l’ha colpito e che l’ha diviso da quella incredibile band che I Journey erano, che tuttora sono, ma senza un cantante con la sua espressività, qualcosa manca, indubbiamente, anche se il suo successore non è male, il confronto è perso in partenza.

E così, da questa tastiera mi và di raccontare come queste canzoni sappiano far sognare, come siano una colonna sonora stupenda per la vita. Da sentire in macchina, da accompagnare in un quasiballo, in un bacio. Sono canzoni morbide, se così si può dire, leggere ma mai semplici. Sono il significato semplice di canzone, quella che non usa tanti giri per essere compresa, quella che ti passa direttamente per la superstrada del cuore e che ti lascierà piangere, quando servirà.
C’è quell’Open Arms, quel Faithfully, dove la sua voce rende davvero il massimo, scivolandoti dentro l’anima.

dal mio canto, vi consiglio di sentirli. Almeno una volta. Se avete un cuore che si presta bene alla smielatezza dell’amore ed alla forza del Rock Melodico non potete non sentirli, almeno una volta.
Almeno una volta potete lasciarla aperta quella porta sul cuore, anche se farà male, anche se tratterrete le lacrime, anche se nessun cuscino basterà più, anche se poi la notte peserà più delle altre,
la musica non la potrete chiudere fuori.
Mai.


Andrea (sdl)

Di Andrea Grassi

Scrittore, programmatore di siti web. Appassionato da sempre di ogni forma di scrittura (copywriting, marketing, romanzi). Vivo a Montevarchi e non me ne pento.

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