Cos’è rimasto alla tv di oggi di comunicativo? Poco, davvero poco.
E’ l’epoca dell’immagine. E’ l’immagine che deve colpirti, affondarti, e poi ucciderti. Se rimani in vita o non sei imbambolato dalla frenesia in essa contenuta, allora non va bene. Deve violentare la tua mente, sennò non va bene.
E l’unica espressività quindi viene cercata nella stupida estremizzazione dell’immagine.
Pubblicità che davvero mi han messo paura. Primi piani scattanti, in alto mare, roteanti, che saltavano da un personaggio all’altro, con sorrisi sempre più schiacciati verso le tue pareti, che ti domandi quanti denti abbiano quelli lì.
E in 30/60 secondi la pubblicità ti affoga. MI è capitato, davvero. Uno schifo che veniva dal profondo.
E se le guardi senza il suono è anche peggio. Perchè quella vuota estremizzazione è la peggior fogna del mondo.
Ho sentito il mio cervello iniziare a preparare i bagagli quando l’ho vista.
E mi ritorna in mente il tenero Malaussene e la mitica Zia Julie, personaggi comici e fantastici, che in quel di de “Signor Malaussene” (correggetemi se sbaglio), dopo un fantomatico viaggio in cerca di vini discussero sul valore dell’immagine, di come, oggi, con l’ausilio della parola, l’immagine nella tv era diventata un qualcosa di vuoto, scontato. E riguardavano i Charlie Chaplin del passato, in vesti da suore, che il tecnicolor ancora non c’era, e quel tubo aveva solo un modico switch binario. 1 : Nero, 0 : bianco.
Con tutte le sfumature del caso.
E quella coppia, quella storia, così maestosamente giostrata da Pennac (chi non l’ha letta si flagelli), già stampava su carta l’immagine, scarna e persa, della tv che allora anticipava questi segni oramai divenuti normale amministrazione.
E, per concludere, dico due frasi, carine e forse fasulle, che ho pensato ieri sera :
“L’abitudine diminuisce il senso di vivo ed aumenta il senso di vero”
oppure
“L’abitudine sposta le cose che vuoi vedere tra quelle che puoi vedere”
La differenza nell’ultima frase c’è, ma è molto sottile.
Andrea (sdl)