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Popopopopopopopopopo

immagine appartenente al rispettivo autore
popopopopopopopo“.
E’ diventato l’inno dell’italia, quando l’italia già ne aveva un altro.
Ho odiato quel suono. Primo perchè ha disintegrato una canzone. Secondo perchè ha mostrato un lato dell’italia che un pò mi fa paura e per certi versi mi schifa: la manovrabilità.
Non lo abbiamo realisticamente scelto, nè il suono nè la canzone. E soprattutto la canzone non è stata scelta per ciò che rappresentava, ma solo come strumento (neanche come mezzo).
Eccola la, la rappresentazione che esce fuori da quel suono.
Quella dell’italia “in generale“.
Quella degli urli senza motivo, quella senza un credo.
Certo, io dipingo la cosa come una catastrofe, ma d’altronde non è così forse?
Chi dice che ha “seguito la moda” per il casino che produceva, per l’atmosfera casinistica, non ha forse ignorato ancor più tutti i significati che potevano (e anzi avrebbero dovuto) esserci dietro questa malsana scelta?
popopopopopo“.
L’italia che non compone parole. Eccocì qua signori. Dire “POPOPOPO“.
Da piccoli la popò sono feci, da grandi suoni. E allora penso sia necessario domandarsi quali siano le origini di tutto ciò.
La ricerca di una nuova, moderna, identità?
Il bisogno solo di far casino?
La produzione di tutto questo insieme di cose non ha granchè significato e purtroppo non fa che evidenziare solo povertà. Non è poetica, non è elaborata.
Sono mille volte meglio i canti che escono dalle tribune la domenica. Fanno sorridere, e ammaliano i tifosi. Questo no.
Popopopopopo
sembra altro.

Questo era solo un piccolo urlo, sia chiaro. In fondo la libertà di ognuno non va limitata. Ma ciò implica che anche la mia libertà a schifarmi di fronte a certe cose venga a farsi notare.

Ah già. L’ultima possibile domanda. Forse è stato fatto a fronte di una nuova senzazione comunitaria di unità?
No.
Unità non è emulazione. Unità è uguaglianza.

Andrea (sdl)

Di Andrea Grassi

Scrittore, programmatore di siti web. Appassionato da sempre di ogni forma di scrittura (copywriting, marketing, romanzi). Vivo a Montevarchi e non me ne pento.

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