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Sorrisi esteri

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In una società dove sempre di più siamo costretti ad affrontare la follia xenofoba di noi stessi (per chi non avesse chiaro il punto : uno teme il male perchè sa che lui e’ capace di commettere quel male) penso sia giusto cercare di sviare questi luoghi comuni, questi timori.
Anzitutto guardiamola dal lato inverso. Ovvero : come vengono visti gli italiani?
Male. Ricordo ancora quando in un viaggio all’estero ero in una profumeria famosa. A quel tempo venivo controllato a vista da almeno 2 commesse (e non scherzo). Purtroppo molti italiani che vanno all’estero si divertono a sgraffignare roba. Da cui questa simpatica fama che abbiamo. (Mafia e mandolino. olè).
Molti argomenteranno “Ma non tutti fanno così”. Beh, ma questo vale anche per gli esteri.
Comprendo che per chiunque sia più facile fingere del patriottismo solo per nascondere la propria colpevolezza, ma siamo alle solite. Bisogna fare distinzioni e non considerare dei casi una regola.
Ma non è proprio di questo che voglio parlare.
Vorrei raccontare di quelle cose che “l’italiano medio”, quello che affoga nei tg e nelle parole di verissimo. Quello che prende per vera ogni cosa che legge sul proprio quotidiano o nel proprio tg. Quello che tira facilmente la conclusione “Rapina effettuata da stranieri”-> “Stranieri ladri” dimenticandosi che, ad esempio, le violenze sessuali su donne sono perlopiù commesse da mariti e fidanzati italiani. Dimenticandosi che la mentalità sessocentrica e stupida degli scherzi maschili italiani autorizza poi a sfociare in violenze come queste da un punto di vista subdolamente psicologico.
Ecco, vorrei far vedere un paio di esempi. Semplici e puliti.
Non e’ mia intenzione prendere le parti, solo riportare (nel mio piccolo) l’ago di quella bilancia laddove esso nacque : al centro (che, vabbè. in italia meno centro abbiamo meglio è. ma almeno qui no)
Delle due cose che voglio dire una è una storia, un’altra invece è un insieme di cose viste e vissute.
La storia parla di un’albanese.
Firenze 2006 – Viale canova (nei dintorni dell’esselunga).
C’ero io, fermo sotto il palo dell’1a/b. Fermo nel freddo. Fermo nella postsessione di lezioni di canto (che fa un pò lezioni di piano, ma con meno sesso e più difficoltà).
E non pensavo a niente che non fossi io, chiuso nella mia centricità.
Poi un signore albanese mi chiede tra quanto passasse l’1, perchè aspettava la sua fidanzata.
Odorava di alcol, ma non era ubriaco. Lo si vedeva facilmente.
E in quella sua richiesta, così strana e dolce, c’era qualcosa che all’inizio faticai a vedere. Inizialmente pensai anche io che in fondo aveva bevuto troppo, ma una risposta ad una domanda gentile non la si nega mai.
In realtà poi i fatti volsero che non tutto fosse come previsto. La ragazza comparve non dall’1a (storico pioniere fiorentino. 100 anni di servizio sulle strade di quella città), ma dal 5.
Poco importa se non dovevo salire lì e se l’1a (che invece io dovevo prendere) era in ritardo.
Perchè fu lo sguardo, quel gioco di occhi e sorrisi.
E’ tremendo quando vedi l’amore negli altri. Tremendo perchè emana una felicità così tremenda che non sai cosa farci.
E quei due mi fecero quest’effetto qui. Amore, dolcezza, serenità.
L’impressione di una carezza.
Scene che si vedono poco negli italiani stessi e quando le vedi in gente estera, beh, ti viene davvero da sorridere.
Qui la storia finisce.
Senza morale e senza perchè.
L’altra cosa invece riguarda i sorrisi. Sorrisi di cui già in queste righe digitali ho parlato.
Sorrisi esteri.
I sorrisi che non ti aspetti. Guardando le persone estere vediamo spesso facce cupe, o comunque pensierose. (Lo sarebbero anche gli italiani, ma gli extracomunitari hanno il difetto di saltare all’occhio più facilmente).
La realtà è che però, sotto quei volti coperti da nuvole, ci sono dei sorrisi disarmanti. Incredibili.
Ricordo ancora un signore di colore che apri quei 42 denti bianchissimi in un sorriso spettacolare, o ancora il gestore indiano dell’albergo a londra, che sorrideva e ti faceva venir voglia di sorridere, o ancora il venditore di kebab, o ancora il cinese o il giapponese, o ancora l’albanese innamorato.
E così via, tante le volte che, per fortuna, i sorrisi altrui mi hanno visto come spettatore. E vorrei che nessuno temesse mai la loro esistenza.
Ci sono, sono lì, pronti a stupirvi, pronti a farvi credere che non ci sono davvero linee, a parte le lingue, che ci separano. Ci sono culture diverse, ma non contrastanti (a parte casi paradossali, ovvio, ma anche lì ci sono dei punti di contatto), ci sono sogni e soprattutto sorrisi.
Sorrisi infiniti che aspettano solo di poter essere scoperti.

Ecco. Ora l’ago è nel mezzo.

Andrea (sdl)

Di Andrea Grassi

Scrittore, programmatore di siti web. Appassionato da sempre di ogni forma di scrittura (copywriting, marketing, romanzi). Vivo a Montevarchi e non me ne pento.

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