La rateizzazione della tolleranza e del rispetto

La tolleranza e il rispetto sono sempre più spesso valori che cadono in disuso. Vengono spostati in cassetti o scatole da scantinato e poi abbandonati lì. Non da tutti certo, le generalizzazioni sono un male di facile approdo, ma è una cosa sensibile.
Quante volte, frustrati dalla nostra vita, abbiamo reagito male scaricando su altri i nostri problemi? Il 90% delle contestazioni, delle discussioni, avvengono per debolezza nostra, mai per errore di altri. Un pò di educazione e tutto sarebbe risolto.
“Scusi, potrebbe fare più piano” è un modo sicuramente meno aggressivo e arrogante del solito
“Shhhhh”
soprattutto nel caso in cui il casino sia davvero relativo e non fuori luogo.
Sono modi di porsi, di rispettare gli altri. Di comprendere la propria situazione e sdrammatizzarne la drammaticità.
Per certi versi è segno di vera maturità, il non perdere le staffe. Anche se in altri casi e situazioni forse sarebbe sensato e giusto.

Fosse tutto solo qui.

Stasera in giro c’era il discorso dei luoghi comuni e di come “L’abito non faccia il monaco ma ti eviti le rogne”. In un italia dove gli autovelox sono diventati non un deterrente ma un commercio, la riflessione ha quantomai significato.
Un piccolo ragionamento.
Prendiamo ad esempio un giorno lavorativo qualunque.
Prendiamo dei vigili o dei carabinieri in un posto di blocco.
Prendiamo l’orario del dopopranzo.
Quanti uomini benvestiti verranno fermati?
Quanti ragazzi verranno fermati?
A quanti dei primi e a quanti dei secondi verrà fatto (o perlomeno supposto) il test dell’alcol?
Possiamo spostare la visione su altre ore della giornata, o su altri tipi di reato, tipo chessò, le moto in regola.
Vengono controllati più motorini o moto da corsa per la regolarità del mezzo?
Non sto insinuando che le forze dell’ordine non svolgano correttamente il loro dovere, sto mostrando invece come, luoghi comuni oramai radicati nel pensiero generale facciano scivolare via problematiche di raggio sicuramente più ampio. La legge va rispettata. Stasera un uomo diceva “Non bisogna cambiare le auto, bisogna cambiare le menti”.
Non sono le auto a dover andar meno: Sono gli uomini che devono imparare a non andare forte.
La differenza, per i ciechi, è sottile ma fortemente presente. Il vero guadagno della seconda cosa oltre la prima è che c’è una crescita che dimostra come quei 5 minuti in più te ne facciano risparmiare 10.
Come mai?
Semplice. Anzitutto una velocità più corretta e distribuita (già, non dimentichiamo l’uso che viene fatto dei limiti e degli autovelox.) fornisce un flusso migliore del traffico e, data la moderatezza della velocità, una maggiore attenzione da parte del guidatore agli eventi. Da cui anche migliori reazioni, minori incidenti, quindi direttamente : meno ritardi.
Quanti sorpassi azzardati vediamo?
Quante persone con una BMW/Mercedes da 70000 euro vediamo parlare al cellulare.
Un auricolare bluetooth ne costa 40. Un cellulare che lo supporta circa 200, forse anche qualcosa meno.
Quante le manovre rischiose? quante le scelte spazientite che rischiano di creare incidenti?
E poi, che senso ha avere una velocità se non si ha un mezzo capace a reggerla?
Una macchina di alta classe frena a 170 come una piccola classe frena probabilmente a 100/120.
Se però quell apiccola è dietro il tamponamento è sicuro. E la strage evitata dalla prima è garantita dalla seconda.
Non è banale. Non dico che proprio per il fatto che frena bene bisogna andar forte. anzi, pensate a come frenerà a 130. La velocità va usata con rigore e controllo mai in maniera deliberata.
E poi cos’è quest’arroganza che ci fa credere così capaci di guidare? anche dopo un pò di birre o di vino? anche da ubriachi a volte?

Due incidenti stamani per andare al lavoro.
Due dico. Non uno.
Due. (Il contrario di uno, direbbe Erri de Luca)
La domanda, come tutte le buone domande che si rispettino, sorge spontanea : Perchè siamo così arroganti?
E’ l’arroganza di credere di essere bravi a guidare che ci mette di fronte a pericoli come questi a volte. L’arroganza di credere di poter guidare fumando, parlando al telefono, stando senza cintura.
L’arroganza di credere che abbiamo ottimi riflessi.
Intanto la gente muore sulle autostrade. Anche se a far paura nelle città non è la strada, non son le auto, ma gli extracomunitari. Perchè sia noi che loro (in parti più o meno uguali) ci chiudiamo al dialogo e alla pace che pretendiamo ovviamente nei paesi lontani. Abbiamo paura dell’abbassamento dello stipendio per poi sentirci ricchi di fronte alla vacanza pagata a rate, alla macchina pagata a rate, alla puttana pagata a rate, al gelato pagato a rate.
Ti curano all’ospedale a rate. Speriamo che non muori prima.
Quindi avanti tutta. In cerca di ricchezze che ci facciano sentire importanti, anche se non è così. Cerchiamo i valori negli altri non in noi, cerchiamo la forza negli altri non in noi. Perchè abbiamo paura, ci sentiamo deboli schifiti, inermi, vermi senza spina.
Rateizziamo ancora ancora ed ancora. Che rimane? La tv. Il matrimonio.
Altro? Il telefono, l’orologio di Armani, gli occhiali coprivisochetantosonbrutto.
Le uniche vere povertà del mondo son quella d’animo, e quella del terzo mondo e dei barboni. E spesso non vanno insieme.

Ma andiamo avanti. Stessa strada dissestata, due bicchieri di vino o tre, 140km/h mano con sigaretta e cellulare che squilla contro il muro della demenza.
Vediamo se lo superiamo a capate.

Andrea (sdl)

(ps : spero di riuscire a fare un post prima della mia partenza del 5 Agosto. In caso contrario sappiate che il blog starà fermo per quel tempo)

Di Andrea Grassi

Scrittore, programmatore di siti web. Appassionato da sempre di ogni forma di scrittura (copywriting, marketing, romanzi). Vivo a Montevarchi e non me ne pento.

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