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Racconti

L’ultima lettera

Tutto quello che avevo da dire è scomparso nella sabbia.
C’erano un tempo dei ricordi, fotografie sparpagliate, ora di loro rimane poco o nulla. Ora di me rimane poco o nulla.
Sopra la panchina il tempo scorre e mi porta via la vita, sopra di me il cielo scorre e mi porta via la memoria. Ed io nel mezzo, ancora a guardare il mondo. Ed io nel mezzo, a sognare.

A Z. veniva sempre da piangere in questi momenti. Era solo di nuovo. Ora guardava il cielo su di una panchina nella fortezza, a firenze. Di fronte a lui il prato circondava in cerchio uno specchio d’acqua. E’ notte, notte fonda nella mente di Z. e fuori il sole di mezzogiorno sembra voler morire su di lui. Appeso ad un filo che perpendicolarmente lo tiene incollato al destino, il sole sembra voler dire “Basta, non ce la faccio più” e Z la pensa come lui. Z ha finito le parole, oltre di lui nessun’altra persona, dentro di lui tutto il mondo ad urlare.

Nella mia vita sono stato tutto e sono stato niente. Perché io ero le persone che vivevo. Io ero il loro benessere, e con questo obiettivo, con questo infantile obiettivo, io sono arrivato a dove sono ora.
Rendere felici gli altri, lo direste stupido?
C’è chi la chiama ingenuità, io lo chiamo amore.
Perchè ci siamo tutti persi nel nostro egoismo per ritrovare la scintilla che ci ha cambiati davvero, od anche solo per scoprirla.

Z non aveva tempo. Era il personaggio di una storia, o forse di mille altre. Z era il ragazzo che attendeva al treno, Z era il barbone che pregava per la strada, Z era il fedele che chiedeva a dio “Perchè?” in chiesa.
Z era tutti e nessuno. Perchè in ogni personaggio c’era quel briciolo d’amore che lui rappresentava. Z era esattamente questo. Non l’alfa e l’omega, non l’inizio e la fine, ma ciò che sta nel mezzo, la parte meno eclatante e più vera della vita.


Cosa dovrei fare ora? Cosa dovrei essere? Il mondo mi rifiuta, non mi accetta e mi deride. Perchè è impossibile osservare un amore così senza abusarne. Mi sento vuoto, perso nel mare delle persone che mi tengono la mano solo per non cadere, e quando cado nessuno si accorge di me.
Guardatemi vi prego, fate che possa vedere la mia luce.

Quello che Z chiedeva era la più semplice delle affermazioni. Quella dell’esistenza. Il suo modo di essere era stato fin ora il contorno di un teatrino a cui però non poteva prendere parte. Z era il sipario sul quale le persone riuscivano a cantare e danzare. E lui sentiva le melodie splendide che riusciva a creare.
Ma poi, quando lo spettacolo giungeva al termine, per lui non vi era neanche una mano che batteva. Per lui solo il silenzio. Solo il buio. Nessun grazie, niente.
E quel buio lo tormentava.
Z è la speranza che perdiamo e che ritroviamo, ma che dimentichiamo di ringraziare. Tutte le volte che la vita ci ha cambiati e le altre mille in cui ci ha aperto gli occhi.
Z è e sarà molto altro ancora, ma sempre nell’ombra. Noi siamo sempre troppo persi dietro ai nostri guai per guardare intorno, per vedere ciò che ci salva la vita, o ciò che la sorprende. Alle volte noi uomini siamo solo piccoli cannocchiali che guardano avanti, incapaci di vedere tutto il paesaggio, ma capaci di arrivare laddove desiderano.

Z esiste in ogni trama o storia, in ogni racconto, Z sono le pagine del libro, le lacrime sulle lettere o su di un cellulare, Z è il tramonto ed una carezza, Z è la natura che ti risponde, Z è l’amore, ma prima di tutto Z è il mondo intorno a noi.

Andrea (sdl)

Di Andrea Grassi

Scrittore, programmatore di siti web. Appassionato da sempre di ogni forma di scrittura (copywriting, marketing, romanzi). Vivo a Montevarchi e non me ne pento.

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