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Pensieri

L’ultimo bicchiere



Questa è una storia di fantasia con parole più volgari di quelle che usualmente scriverei. Siete avvertiti.


Ancora un altro bicchiere. Mentre la musica strombazza incostante i suoi tonfi vuoti. E le luci stroboscopiche mi trasformano la vista in un tipico viaggio in acido.
La barba incolta non vi dimostrerà niente, mie care merde. Io vi guardo dall’alto, come ogni uomo della mia stirpe. Io, da questo terzo scalino, sono oltre di voi, oltre le vostre fottute vite, oltre i vostri movimenti coordinati che a differenza dei miei fanno parte di un ordine superiore.
Io non sono come voi. E forse per voi è una fortuna.
Questo cocktail è la mia salvezza, non la vostra. Musica per il mio palato che inebria e stordisce. Non so neanche più cosa dico mentre bevo. Anche se in realtà non sto parlando. Sono solo su un terzo scalino di una squallida discoteca a guardare le fighettine che si muovono per eccitare i bambini della loro età, collezionando quel trofeo fallico che tanto adorano. Contente? Si, lo fate solo per quello ma tanto non lo ammetterete mai. E’ il vostro telegatto, bello diritto. Godetevelo.
Mi fate tutti un pò schifo, lo devo ammettere. E questo settimo bicchiere non vi rende meno schifosi, anzi. Aumenta questo mio disprezzo verso di voi che lì, nella pista sotto di me, siete a ballare, e divertirvi. Ma non vi rendete conto di quanto fa schifo tutto questo? La musica, i colori, quel Dj del cazzo che non la smette mai con le frasi fatte. Quanto siete scontati? In un supermercato vi darebbero soldi, tanto valete poco, piuttosto che pagare il vostro valore.
Un sorso e via. Anche questo passerà. Come tutto il resto. E domani quando mi sveglierò sarà solo intontimento, nebbia al mattino che non si dirada e non permette di vedere, di vedermi.
E che avete da guardare? Alla fin fine è tutto uno show dicevano, ed è vero. Godetevi il figo di turno a farvi sentire adorati, godetevi questo misero discorso che sembra un disco rotto, queste rime strozzate in gola.
Io vi guarderò soccombere da questo terzo scalino. Con l’alcol che mi fa rivomitare lo stomaco, come voi che pietosamente continuate e vi inebriate di trasgressione ed eccitazione. Per poi magari finire a fare sesso in bagno.
Anche a me piacerebbe, ma preferisco non abbassarmi al vostro livello.
Quest’alcol mi salverà. Quest’alcol, prima o poi, vi farà capire chi sono, cosa ho fatto.
Voi siete i falliti. Voi soltanto.

Il mattino dopo, Carl si svegliò come ogni domenica mattina. Nebbia che non si dirada, buio costante e indistinto. L’alcol l’aveva fregato un’altra volta. Come sempre. E come sempre c’era rimasto sotto.
Ed ogni mattina, ogni fottuta domenica mattina, si alzava e diceva che la vita faceva schifo.
La sera prima si metteva in qualche angolo da discoteca, per poi pavoneggiarsi al lavoro con chi non lo vedeva.
Illuminarsi di una luce non propria. Questo sarebbe stato Carl. E tutti quei racconti erano le sue fiabe per bambini. Anche se l’immacolata gioventù lui l’aveva persa.
Se avesse davvero amato, invece che essere così, sarebbe cambiato? Nessuno l’avrebbe saputo mai.
Ma di certo l’alcol lo aiutava. Nebbia che non si dirada. Questo voleva. Un grigio indistinto che cancellava i giorni. E lunedì era sempre un pò domenica. E tutta la settimana, con o senza alcol, sembrava uguale. Nota fissa, accordo consonante e mai distaccato di un’orchestra.
Sotto questo punto di vista si poteva quasi dargli ragione. Quella vita faceva schifo.
E cosa rimaneva alla fine se non un pugno di sabbia che scandiva quel tempo così monotono?
Alla fine della settimana gli rimaneva solo quel piacere per tappare il resto, per non sentire le urla di se stesso che diceva quanto vomitare gli faceva tutto, per non riuscire mai a constatare quanto schifo provava per se stesso.

Andrea (sdl)

Di Andrea Grassi

Scrittore, programmatore di siti web. Appassionato da sempre di ogni forma di scrittura (copywriting, marketing, romanzi). Vivo a Montevarchi e non me ne pento.

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