
Quante volte ci siam sentiti giudicati? Di fronte ad una corte di nostri pari non eletti da noi, o anche una corte impari, che ci affibbia un qualcosa che non ci appartiene.
E’ una sensazione forte, violenta, contro la quale dobbiamo combattere, e che difficilmente accettiamo. Il giudizio, l’etichetta, il luogo comune, sono cose contro le quali è davvero dura combattere ed ancor più vincere. Eppure, contemporaneamente, siamo giudici e giudicati. Senza volerlo facciamo parte di un’altra giuria, forse anche cento altre, che vanno a dire cose su altre persone, a trarre conclusioni.
Perchè è impossibile non trarre conclusioni su qualcosa. Tutti lo facciamo. Abbiamo bisogno di un fondo di ragionamento per poter consolidare il pensiero. Giusto o sbagliato che sia. Serve solo per dare forma alla nostra mente. Per sostentarla.
E come ogni volta ci sentiamo nel giusto quando giudichiamo e sentiamo gli altri nello sbagliato quando veniamo giudicati. E’ l’orgoglio a dircelo. Quell’orgoglio che spesso, troppo spesso, ci fa urlare, ci fa arrabbiare. L’orgoglio vuole autoaffermare che noi ci siamo e che non possiamo essere ignorati. L’orgoglio è l’affermazione egoistica di noi stessi, l’egocentrismo di chi vuol essere guardato e non vuole ascoltare.
Fermo restando che ci siano casi in cui la situazione si inverte, qui si parla delle sensazioni, della volubilità della mente e delle nostre posizioni.
Questo circolo vizioso non si può interrompere. Non esistono persone che giudicano senza esser giudicate, o persone che sono giudicate ma non giudicano. Involontariamente si va a ricadere nell’altra sponda, ed altrettanto involontariamente si fanno errori. Sono troppe le variabili ed ognuno ha, a modo suo, ragione. Per questo nascono le discussioni.
Si può però allentare la tensione che viene generata nel giudicare o nell’esser giudicati. Basta saper dare il giusto peso alle cose.
Chi giudica può considerare che forse, quel giudizio non è assoluto, che non è un pensiero unico ed inequivocabile. E il giudicato può sentire molto meno sotto accusa se stesso in questo modo.
Giudicare non si può evitare, ma cambiare idea si. Se il giudizio, più che un giudizio, è una considerazione, allora si che ci può essere una strada alternativa che permetta a tutti di trovare una soluzione pacifica.
L’unico problema, ora, sarà adottarla.
Andrea (sdl)