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Pensieri

C’era una volta…

C’era una ragazza ed una città, entrambe forse ad una svolta. La fantomatica curva di cui non vedevi il resto dellla strada. Lo scoprivi solo una volta girata. Si racconta che fosse stato un’alluvione, ma c’era il sole, forse allora era uno tsunami, ma erano nell’entroterra. Era una cosa strana questo si. Era mattina, c’era il sole e un’acqua che pungeva le punte dei piedi.
Era tutto così strano.
C’era anche il ragazzo, assieme alla ragazza. Separati dal tempo, sebbene avessero passato una vita insieme.
E in quella mattina di sole, pareva stessero camminando fino a sedersi su di una specie di molo dove scorreva un’acqua limpida, e alta, su cui potevi raffrescare i piedi mentre il caldo andava a salire.
Lei era abbronzata. La pelle scura, nonostante i pochi giorni lì, lui invece era abbastanza chiaro. Tenero come un pollo si direbbe.
La città dove tutto accadde era una città fondata sui sassi. Le strade asfaltate erano solo un miraggio futuristico, e alla gente piaceva ancora camminare, lì, in quel pezzo di innocuo paradiso.

Il ragazzo aveva la consuetudine di ripetere una parola “Minchia”. Era volgare probabilmente, ma a lei faceva sempre uno strano effetto sentirlo dalle sue labbra. Era come se da lui si sarebbe sempre aspettata una confessione d’amore, e invece quando qualcosa non andava tirava fuori quel “Minchia”, così grezzo, ma anche così sincero. L’acqua continuava a punzecchiare i piedi. Pensavano fossero i pesci, non seppero mai con certezza se fosse vero, o se in quel momento i pesci stessero fuggendo all’impazzata dalla catastrofe.

C’era anche una scuola. L’unico baluardo rimasto in piedi di un’intera città. Miracolo o convinzione? Nessuno seppe. Nessuno potè raccontare. Si sa solo che chi trovò rifugio lì ebbe salva la vita. Ma rimase bloccato per sempre tra quelle mura così isolanti, in un buio dove solo alcune lame di luce riuscivano a superare lo strato di sassi, una pelle troppo dura anche per la speranza.

La ragazza, in effetti, non si sbagliava. Il ragazzo voleva davvero farle una confessione d’amore. Ma sono quelle parole che ti fanno fatica ad uscire. Che fai fatica ad articolare. Anche quando erano lì, seduti su quel paradossale molo, il ragazzo aveva in testa centinaia di parole, da riordinare come un grande castello di lego, e da costruire, fino a formare una delle più belle dichiarazioni d’amore a cui l’impassibile storia avesse mai assistito.

C’erano passi intorno a loro, e gente seduta al loro fianco. Uno scorrere tranquillo e sereno del tempo in una città turistica. Pare che la catastrofe arrivò senza che nessuno se ne accorse, per questo fece tanti danni. Nessuno la sentì. nessuno la vide finchè non fu travolto da essa
E la cosa che nessuno fu poi capace di raccontare fu che era stupenda. La catastrofe più bella che si potesse solo immaginare.

Spostava il piede un’attimo fuori dall’acqua, per evitare quella punzecchiatura così fastidiosa. Il ragazzo non era molto convinto di quelle punture. Nutriva dentro se un dubbio che fossero una cosa cattiva. Non aveva certo alcun presagio sull’avvenire, semplicemente non gli piaceva come sensazione.
Spostava il piede a bordo acqua, lo tirava fuori e lo reimmergeva piano piano. I muscoli erano tutti tesi mentre aspettavano l’incombente puntura, le dita erano statue di marmo che aspettavano solo di potersi rompere. Lui aspettava, poi si rilassava, poi veniva punzecchiato. E la cosa lo irritava sempre più
“Minchia”
lei rideva.

C’era l’acqua. L’acqua limpida e blu, come quella del mare. C’erano i due seduti su quel falso molto, e c’era un’onda. Alta. Alta. Alta. Più alta di quanto si potesse contare con l’occhio. Che travolse tutti.
L’onda era di un’acqua pura, limpida. non in collera come potrebbe essere un’onda del mare che spruzza getti di schiuma rabbiosa davanti a se. Era un muro d’acqua sul verde/blu totalmente limpida. Riuscivi a vedere oltre tanto era pura. Era un fenomeno stranissimo che non dette a nessuno, proprio nessuno, l’opportunità di salvarsi. I due furono travolti dall’acqua senza neanche averla vista. Si ritrovarono d’un tratto circondati da una mole infinita d’acqua acqua acqua.
Si cercarono, ma erano in balia di una corrente così prorompente che non gli permetteva alcuna scelta, lui provò ad allungare il braccio in quella che pensava fosse la direzione dove la ragazza poteva trovarsi, la cercò, allungò il braccio fino a sentire un dolore fortissimo provenire dalla spalla, continuo, slogandosela, cercandola, urlando in versi e forse in parole “Minchia minchia minchia minchia minchia minchia minchia minchia…” finchè in lui non vi fu più aria per muoversi, o speranza per continuare.

Fu una strage. una strage di cui nessuno conobbe mai l’esistenza. Chi non morì scomparve non si sa dove, chi si salvò si pentì amaramente di aver la possibilità di vivere.

Il ragazzo aprì gli occhi. Era dentro la scuola, e la prima e l’ultima parola che pronunciò nella sua vita da quel punto in poi fu una sola : Minchia.

Andrea (sdl)


Di Andrea Grassi

Scrittore, programmatore di siti web. Appassionato da sempre di ogni forma di scrittura (copywriting, marketing, romanzi). Vivo a Montevarchi e non me ne pento.

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