Chi è il vero cattivo?

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Pochi giorni fa, nel viaggio dentro l’indimenticabile londra, un mio amico mi ha detto la seguente frase (a sua volta tramandatagli da altre persone) :
Al mondo non esistono persone buone o persone cattive. Ma solo persone felici e persone tristi“.
E’ un’interpretazione che ha delle lacune, sia per la semplicità d’esposizione, sia per i contenuti, ma che nasconde dentro di se molte verità.
Il male, quello vero, oggi si chiama Menefreghismo.
Non sono le streghe o i maghi. Non serve l’inquisizione a cercarlo (e comunque non lo troverebbe, d’altronde non gl’importerebbe un gran che..) e nessuno può capire quando una persona ne è affetta.
Il menefreghismo e l’insensibilità sono i veri mali di questo mondo. Questo la frase non lo dice, ma in quella tristezza c’è probabilmente inclusa l’indifferenza al mondo.
Perchè quando sei indifferente non puoi vedere le cose belle. Quindi è un pò come essere tristi.
Insensibilità è ferire senza accorgersene.
Menefreghismo è ferire senza rendersi conto del danno.
A volte, addirittura, ogni azione tesa a far comprendere il dolore, può risultare in un fallimento. Il menefreghismo annulla, devalorizza, spesso la comunicazione, rendendo inutile quello slancio positivo che è stato inventato un bel pò di tempo fa : la parola.
Non è che qualcuno ha inventato le parole per offendere, ma per esprimere quello che a gesti era difficile da esprimere. L’amore in teoria è tra le cose più silenziose, anche se oggi a volte diviene rumoroso. Il lavoro, la comunicazione, sono invece quelle determinate branche che richiedono pesantemente la parola nel suo stato più evoluto.
Ma come reagire? Come cambiare questa situazione?
Quando uso la parola “Cambiare” mi sento sempre un pò dittatore.
Cambiare le persone è profondamente sbagliato. Ma non si può essere così politically correct da pretendere di sorvolare su ciò che noi consideriamo sbagliato. Certo, il cambiamento non va imposto, ma va fatto comprendere. Se il cambiamento proposto sarà davvero giusto, una volta compreso verrà messo in atto.
Quindi è corretto far capire che il cambiamento è positivo.
E l’unico modo per contrastare questo male, quest’insofferenza quale è?
L’unico modo per far si che le ferite passate non siano state inutili, che le nostre urla e le nostre lacrime non divenissero parte del silenzio siderale, quale è?
Comunicare.
Non è la vendetta, non è la ripicca, non è il chiudersi dentro se stessi in compagnia del proprio dolore (che anche quello ci rende tristi…).
Comunicare. La cosa più semplice. Cercare di comunicare, di far capire.
Perchè se anche solo ci arrendiamo di fronte al dolore che ci ha colpiti, allora diverremo tristi. E nella tristezza, prima o poi, feriremo qualcuno, perchè saremo preoccupati maggiormente di quelle ferite che ci bruciano addosso che dell’evitare di procurarne altre a chi ci sta intorno.

Andrea (sdl)

Di Andrea Grassi

Scrittore, programmatore di siti web. Appassionato da sempre di ogni forma di scrittura (copywriting, marketing, romanzi). Vivo a Montevarchi e non me ne pento.

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