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Indizi – Racconto 9 – Tutta una vita

The Morning Fog / Brumes matinales
immagine appartenente al rispettivo autore (Gliderik su Flickr)

 

Questo racconto fa parte di una serie di racconti ispirati da “indizi” dettati dai commentatori del blog. Il commentatore che ha ispirato il racconto è Eleonora con la frase: “E pensare che un anno fa le cose che sto vivendo in questi giorni le avrei soltanto potute immaginare”

Tutta una vita

“Cosa può succedere in un anno?
Che forma prende il proprio destino?
In che modo possiamo capire qual’è la nostra direzione?
Sono queste le domande che dovremmo porci uscendo di qui. Non un semplice -Ehi, ricordo tutto!- ma un’opinione formata, che permetta al mondo di capire chi siamo, cosa vogliamo e dove vogliamo arrivare, questo vorrei. E’ chiedere troppo? Dimmelo che ridimensiono le mie aspettative a misura d’uomo, se serve”

Correva l’anno. Nel senso che proprio stava volando via. Elisabetta e Manuele erano sul prato poco fuori dalla scuola, l’erba fresca dell’estate che si inoltrava tardiva nella primavera, un albero decennale copriva i raggi forti del sole pomeridiano.
Stanno parlando da quasi un’ora. Le lezioni erano finite e rimaneva solo l’amarezza di un pomeriggio dove nessuno dei due voleva far nulla. Prima di arrivare lì camminarono sul vialetto d’ingresso dell’università, composto in pietre mischiate a cemento.
Lo stesso vialetto che d’autunno diveniva un mix di colori irripetibile, un sex on the beach come neanche il miglior barman sapeva fare.
Ma ora era quasi estate e di fronte a loro si poteva solo vedere il verde vivace delle foglie.

“Ma tu pensi sia facile rispondere a domande così?” la riprende Manuele, detto “Il Manu”.
Perchè era lui che si chiamava quando qualcosa andava storto.
Perchè se c’è qualcosa da fare meglio sentire prima Il Manu.
Perchè c’ha sempre tutte le soluzioni dove devono stare.
Sbaglia pure, ogni tanto, ma tutti glielo perdonano.
“Cioè, mi vuoi davvero raccontare la solita balla del futuro e del resto? Dai Eli, sai far meglio di così”.

Elisabetta torna ad un ricordo di quasi venti anni fa.
C’è una cattedra in legno lucido di fronte a lei. Le pareti verdognole della scuola elementare sono caratterizzata da quell’interruzione di colore a metà parete. Un bianco taglia il tutto, dividendo la parete e rendendola bicolore.
Il pavimento è un mix di pietruzze segate e lisciate a mò di piastrella, l’insegnante ha le mani poggiate ed aperte sulla cattedra e picchietta con l’indice sinistro in maniera fin troppo isterica.
“Sua figlia può fare meglio di così”.
Poi tornano a casa, l’auto era vecchia, ma il profumo dell’auto di mamma era qualcosa che non riusciva a togliersi dalla testa. Sapeva di viaggi lungo il mare dell’Italia, della salsedine sarda, del bianco pugliese, delle nebbie di Milano. Aveva vissuto tutto e su quei sedili di stoffa neri continuava a vivere. Quando mori esalando l’ultima sgassata mancò a tutta la famiglia.
E quando sono a casa il litigio: Perchè? Perchè non vuoi impegnarti? Cos’hai nella testa? E’ questo quello che vuoi? E’ così che vuoi costruire il tuo futuro?
Ironico come il tuo passato in un qualche modo delinei ciò che sarai nella maniera più sarcastica possibile.

“Meglio di così come? Ti rendi conto che oltre quelle mura” Eli indica verso destra la parete rossa dell’edificio. “ci dovrebbe essere il fondamento di ciò che siamo? Di ciò che saremo anzi! E per te questo è poco?”
“Per me no, ma secondo me vi state facendo le solite seghe cinese ragazzi”
Enrico, capelli ricci. Classe innata. Che i vestiti li puoi comprare, ma la classe no.
“Cioè, Il Manu e L’Eli che stanno a farsi tutti questi discorsi seri in mezzo al pratino? Ma dai! Fatemi il piacere di volervi bene e fate qualcosa di più costruttivo”
Fa un occhiolino mentre lo dice, come a dire “Ci siamo capiti no?”
“Tu non hai prospettive per il futuro Enrico?”
“Che fai, mi prendi per il culo Manu? Non ho prospettive, ho piani. Piani ben chiari. Pensi che sia qui a grattarmi io? Ricordati sempre che ogni vita vissuta è fatta di scelte. Chi non sceglie non vive.
Ci sono molti qui a scuola che stanno qui perchè qualcun’altro ha deciso per loro.
Io no.
Mi pareva chiaro no? Io ho deciso per me e me solo. Ma che ve lo dico a fare? Non ho mica intenzione di rimanere qui a discorrere di filosofia. Mica voglio fare il filosofo!”

C’è un silenzio che pare essere l’attesa dell’inizio di una battaglia.
Poi Il Manu parla e dice
“Sapete una cosa? Mi piacerebbe davvero tra un anno poter dire una di quelle frasi gloriose tipo -E pensare che un anno fa le cose che sto vivendo in questi giorni le avrei soltanto potute immaginare-. Non sarebbe bellissimo? Arrivare tra un anno e sapere che ho superato ogni mio limite. Sarebbe il massimo”

Il Manu non può avere un flash nel futuro, ma si può supporre che un anno dopo, senza ricordarlo, ripensi a questo momento.
La vita ti riserva sempre qualcosa di diverso da ciò che credi. Raramente l’anno dopo sarai dove speravi.
Un anno dopo per Manu significherà un colore grigio di pioggia, un ponte, dare da mangiare ai poveri con vestiti sporchi e puzzolenti.
Per Manu significherà un affitto da trecento euro in una baracca vicino alla ferrovia che cade a pezzi e quando l’ultimo treno della notte se ne va facendo rotolare di nuovo quel fottuto barattolo di piselli, solo allora puoi dormire. Per Manu questo sarà un momento duro e di rinunce.
E se avesse memoria, in quel giorno, potrebbe davvero dirla quella frase.
E con un sorriso che non si sarebbe mai aspettato, perchè alle volte un’immagine futura che può sembrare poco allettante riserva più bellezze di una splendente.

“Dopotutto il futuro ce lo creiamo no?”
“Ce lo creiamo eccome Manu, lo sai bene.”
“E tu Eli? Cosa ti aspetti dal tuo futuro?”
Il futuro come aspettativa, non solo come obiettivo, fa quasi più paura del resto. Le mani di Elisabetta iniziano a sudare, si contraggono a tempi alterni raccogliendo e spezzando fili d’erba fresca. Lo sguardo di lei è interrogativo, come se la domanda si trovasse oltre Enrico mentre lui ora copre l’intero sole al tramonto e gli pare quasi come un aquilone in cielo pronto a volarsene via.
“Io non lo so cosa vorrei. Voi siete così sicuri, così certi della strada che prenderà la vostra vita che io mi sento quasi a disagio di fronte a tutto ciò. Vorrei avere un desiderio più forte di altri, giusto per sperare nel futuro. Che le cose cambino, siano migliori.
Ora mi guardo e boh.
Non mi sento nel luogo giusto, nel momento giusto.
Dovrei essere qui secondo voi?”
Gli occhi di lei diventano lucidi, la sua voce un pò spezzata, si intromette un falsetto quasi da bambina nelle sue parole che diventano alte alte alte, così alte da poter volare in cielo.
“Dovrei essere qui? E’ giusto?” ripete.
E come uno di quei momenti dove tutto va a ricongiungersi il sole inizia l’inarrestabile discesa verso il tramonto e diviene sempre più rosso, tagliato a mezzo dall’orizzonte. Il Manu ed Enrico sembrano quasi in sintonia nel fare “L’unica cosa giusta” come avrebbero detto anni dopo.
La abbracciano, con le foglie che si scuotono ed il vento che le disturba.
La abbracciano senza dire niente, senza doppi sensi, senza quella tensione sessuale che spesso in momenti così appare.
Ed entrambi la baciano sulla guancia. Il Manu sulla sinistra ed Enrico sulla destra.
Entrambi toccano una lacrima che cade e lei che singhiozza ed il mondo sembra chiudersi su loro tre in un abbraccio infinito.

“No dico, ma che state a fare? Non ci posso credere! Ah ah ah! Questa foto ve la ricorderete per sempre ragazzi, vi giuro”
Il click della macchina fotografica lo sentono benissimo pure ad un paio di metri di distanza e mentre Sara scoppia a ridere tutti e tre sperano che quella foto davvero rimanga nel loro tempo.

“Ci sono momenti che vorremmo incorniciare in delle foto. Momenti che vorremmo fossero per sempre qualcosa di indissolubile nella nostra memoria. Perchè allora, come raramente accade, abbiamo visto qualcosa. Qualcosa di unico, di speciale. Qualcosa che ha lasciato il segno su di noi, come l’amore, come la vita, come gli amici.
Questo è il mio modo di combattere contro le cose che non potrei ricordare, è il mio modo di incorniciare frammenti del mio cuore.”
C’è una vetrata che separa la strada dal luogo dove Elisabetta sta parlando. Sono circa tre metri ed un parquet in legno di distanza dalla strada in cemento fuori.

Tra lei e Manuele ci sono molti più metri da percorrere, forse anche città.
Tra lei ed Enrico molti meno di quelli che uno si sarebbe aspettato.
Tra lei ed il resto del mondo ora ce ne sono qualcheduno meno. Elisabetta continua
“Perchè non possiamo aspettarci di guardare noi stessi che viviamo la nostra vita. Dobbiamo prenderne controllo e sorprenderci e colpirci mentre la viviamo, dobbiamo piangere ogni nostra indecisione e sentirci disperati quando non sembriamo avere una direzione. Ognuna di queste foto è una parte che non rivivrò della mia vita e le ho scelte e ricostruite per dei motivi precisi.
Quelle che non mi appartenevano le ho dipinte, perchè pensavo sarebbe stato l’unico modo per rendere giustizia a ciò che conservavo nella memoria.”
Prende fiato
“Come questa”

Indica una foto dove i colori predominanti sono un forte arancio e del verde.
Ci sono tre amici in un prato, il sottotitolo è molto semplice:
“La mia vita.”

Andrea (sdl)

Di Andrea Grassi

Scrittore, programmatore di siti web. Appassionato da sempre di ogni forma di scrittura (copywriting, marketing, romanzi). Vivo a Montevarchi e non me ne pento.

5 risposte su “Indizi – Racconto 9 – Tutta una vita”

è da un mesetto che non scrivi, ne sento la mancanza. Questo sito è eccellente, io periodicamante lo leggo perchè i tuoi post non sono mai banali e sono sempre capaci di suscitare forti emozioni.

Che dire: Grazie! Sono commenti come questo che mi danno la forza di andare avanti nonostante questo blog sia poco conosciuto e visitato. Mi fa piacere, davvero!

Se non ho scritto è perchè ultimamente sono stato un pò distratto e senza ispirazione, ma vedrò di farmi perdonare 😉

Grazie ancora!

Andrea (sdl)

Ecco sono stato un ottimo motivatore… il sito non è molto conosciuto perchè per avere successo nei vari blog o social network devi essere o un idiota, o un caso umano o devi essere banale e scontato. Tu, ovviamente, non rientri in nessuna di queste categorie, anzi fai della qualità la parola d'ordine. Continua sempre e comunque.

Grazie! Speriamo di poter sempre produrre cose apprezzabili 😉
Come vedi intanto un racconto è uscito. Cercherò di essere più costante d'ora in poi (senza garanzie eh!)

Andrea (sdl)

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