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Lo sai che nessuno piange la clorofilla?

Skittles - Birilli
immagine appartenente al rispettivo autore (Robyn Hooz, su Flickr)

Domandati chi sei.
La prima cosa che dovrai fare al mattino. Domandarti chi sei, da dove vieni, dove vuoi arrivare.
Qual’è il tuo problema? Riflettici. Sei di fronte ad uno specchio, la tua barba è incolta, i tuoi capelli spettinati. E’ mattina ma le occhiaie della notte non se ne sono andate via.

Dove sei stato? Te lo ricordi a malapena, c’era rumore, luci rosse verdi viola.
Fumo alla vaniglia, la disco che balla e tunza tunza tunza ritmicamente tunza ripete tunza ripete con noia mortale ripete e poi basta. Sei caduto, scivolato, qualcuno dalla pelle morbida ti ha visto, e ti ha ripreso, portato su. Rimesso in piedi.

Ciao.
Era più o meno così che si diceva un tempo.
Ciao.
Bastava, era sufficiente per dire tutto quello che c’era da dire.
Che in altre lingue si traduceva in: Da dove sei uscita con quei due occhi neri che non riesco a vedere il fondo? C’ho le vertigini nel guardarti.
Le sue mani intrecciate come bambu a proteggermi da tutti i suoni e le parole.
Da ogni “Wish you were here”, da ogni “Without you”.

Era sufficiente sperare.
Ciao. Ecco, forse dovrei aggiungere altro.
Grazie.
Si, no, davvero.
Ero una contraddizione.
Si, davvero ecco io…
Ma la verità era diversa: Ero un burattino, un manichino che muoveva le labbra in una discoteca dove il rumore tunzava dalle casse, dove potevi parlare della tua anima ma nessuno l’avrebbe sentita.
Dove un albero faceva notizia solo se spaccava il cranio a qualcuno.
Altrimenti era solo un altro albero per la strada.
Una morte marrone senza storia.

Nessuno piange la clorofilla.

Domandati chi sei. 
Serve per ricordare come ci sei arrivato qui. Il significato delle tue occhiaie.
Cerca di ricordarti come ti sei fatto quel graffio. Sei scivolato, ma perchè?
Forse le otto birre, i due cocktail e quella pasticca non ti hanno fatto bene.
E’ per il mal di testa, prendila.
E’ per il mal di testa, prendila.
Sembrava ripeterlo all’infinito.
Ed il mondo girava, girava come quando da bambini ci si metteva tutti insieme e si cantava.

Giro giro tondo…
casca il mondo…
casca la terra….

Il graffio te lo sei fatto con un coltello, cercando di tagliarti da solo il limone da mettere nell’americano.
Dimenticandoti che bastava la scorza.
E quella era la voce del Barman che ti guarda e ti tira un ceffone.
Forse non erano occhiaie quelle.
Forse.

Ma quando sei caduto tutto bastava.
Lei non ti ha sentito parlare ma ha sentito che tremavi.
Come una foglia d’acero. Che quando cade è un sussurro, un desiderio inespresso.
Ti aspetti faccia rumore, ma le foglie d’acero sono come gli angeli.
Silenziose.

Le sue mani coperte da neon viola sono comunque bianche. Lo sai. Lo vedi, lo speri.
Le sue mani hanno la consistenza di un avocado, se un avocado avesse vita.
Sono fragili, ma sono le stesse che ti hanno sollevato da terra, da ogni scarpa che ha pestato il marciapiede fuori.
Lo stesso marciapiede dove qualche barbone ha pisciato.
Sul pavimento ci puoi trovare tutta Roma, centimetro più, centimetro meno.

Lei ti guarda e pronuncia qualcosa.

Ti domandi che cosa stai facendo.
Domandati cosa fai. Chi sei.
Dove vuoi andare.

Domandati perchè sono le 8 e stai di fronte ad uno specchio. Domandati perchè non ricordi.
Ma piano piano ricostruisci.
E sai che non è casa tua, sai che non sei stato nel tuo letto.
Sai che questa non è una casa qualunque.

Domandati dove sei e soprattutto chi sei. Domandati perchè la gente si veste di bianco.
Ad un matrimonio, chi ve lo fa fare di vestirvi di bianco? Per sembrare puliti, splendidi.
Per attendere l’immancabile bicchiere di vino che vi macchi di rosso il cuore.

Dove sei? La barba incolta e le occhiaie.
Le sue mani erano morbide e bianche.

La gente si veste di bianco per non farti paura. Per darti sicurezza.
Lei aveva la pelle bianca. E questo bastava.
Esci dal bagno ed ancora non sai come è la topologia della casa, ma sulla tavola di quella che pare una cucina c’è una tazza di caffè ed un bigliettino:
“Dormi quanto ti pare, che tanto ritorno”.

Andrea (sdl)

Di Andrea Grassi

Scrittore, programmatore di siti web. Appassionato da sempre di ogni forma di scrittura (copywriting, marketing, romanzi). Vivo a Montevarchi e non me ne pento.

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