When we were beautiful

Non abbiamo più quindici anni. I capelli che ci cadono sulla fronte e ci danno noia. Li spostavamo con le mani. Come avremmo spostato un fil di vento, se mai fosse stato possibile. Non ce li abbiamo più. Sono passati, volati via. I nostri quindici anni erano così. Sabbia che prima o poi sapevamo si sarebbe mescolata ad altra indistinguibile marea. Nient’altro. Era semplice.
Non abbiamo più le magliette corte, i vestiti impacciati. Ora li scegliamo noi. Con il nostro buono o cattivo gusto. Cerchiamo di dare un senso a quello che vedranno gli altri. Com’è che siamo. Qual’è la prima immagine che si materializzerà di fronte a loro. La nostra immagine. Ci abbiamo messo del tempo per costruirla. Ed ogni mattina con un filo d’incertezza alziamo i vestiti per metterceli addosso. Certi che il mondo percepirà quelli come primo elemento visibile della nostra esistenza.

Non abbiamo più la voce femminile. Eravamo tutte donne prima. Poi con gli ormoni, la crescita, qualcosa si è perso per strada. Le donne sono diventate più, beh, donne. E noi siamo diventati qualcos’altro. Non abbiamo più il tempo di correre via, né chiediamo i soldi ai genitori per comprarci le patatine al bar.
Prima non avevamo età. Nessuno di noi l’aveva. Eravamo tutti lì, insieme. E l’età non era davvero importante. E per alcuni neanche adesso lo è. Ma allora era davvero diverso. Non c’era nemmeno il pensiero che l’età fosse qualcosa di diverso da un numero. Non c’era il concetto di “maturità” perché eravamo tutti immaturi e nessuno poteva comprendere cosa poteva dire.
Avevamo quegli occhi che vedevano tutto in maniera chiara e distinta, ma che non avrebbero mai differenziato i grigi che sarebbero apparsi nei comportamenti, gli sguardi incerti, le labbra che si richiudevano per trattenere un segreto.

Un tempo avevamo quest’idea. L’idea di cosa saremmo diventati. Cosa volevamo essere da grandi. Tutti cel’abbiamo avuta. E’ la società a farci credere che, a quindici, dodici, cinque anni si debba già immaginare dove ci proietteremo. Quale sarà l’ombra che ci seguirà imperscrutabile nel cammino.
Ma anche questo. Con il tempo, si è sciolto in un bicchier d’acqua senza farci passare la febbre. A venticinque, trenta, quarant’anni. Questa nostra illusione scompare. Ci rimangono le scelte. Che continuano a portarci acqua ad un mulino che non stiamo più guidando noi. Non ci riusciamo proprio, a recuperare quell’immagine. Quel bambino o quella bambina che un tempo correva e cadeva a terra. E piangeva per il dolore, non perché sulla gamba ci poteva essere una crosta. Non ci interessava allora, ma ci interessa adesso. Se il vestito era strappato bastava una toppa, il cerotto dei vestiti. Ora lo ricompreremmo, o invani proveremmo a ripararlo in qualche negozio specializzato.

Siamo cresciuti. Ammettiamolo. Non c’è niente di male.
Abbiamo visto e vissuto. E ancora vivremo e vedremo.
Avevamo qualcosa prima, che ora non abbiamo. Ed in tutto questo ora abbiamo qualcosa che prima non ci saremmo mai sognati. Ora pensiamo in grande, ma non così in grande. Prima immaginavamo in grande. Molto in grande.
E’ così la proporzione della nostra vita.

Andrea (sdl)

Di Andrea Grassi

Scrittore, programmatore di siti web. Appassionato da sempre di ogni forma di scrittura (copywriting, marketing, romanzi). Vivo a Montevarchi e non me ne pento.

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