We can do better than this

Eccomi finalmente qui. Nel mio solenne vestito nero. Seta mortale che mi sfiora e mi copre. Silenziosa seta al tatto, al suono. Che voce non ha.
Ecco il mio inizio, la mia fine. Non badate al cantante, è solo una tra le tante pedine di questo palco. Come il tempo stesso.
Un preservativo, una pila non ricaricabile, la carta igienica.
Siamo questo. Come il tempo, come il nostro scadere, il tempo limite della partita.

Eccomi qui. Pronto a sfidare ogni mio problema. Come ognuno di noi dovrebbe fare. Non dobbiamo preoccuparci dei problemi che verranno, ma sfidare quelli che abbiamo. Se temiamo che ci si possa rompere l’auto, andiamo più veloce. Quando avverrà lo sapremo subito. Non ci saranno dubbi o incertezze nell’errore.
Sarà lampante, luce che acceca, innegabile, evidente. Tutto quello che non si può evitare. Sarà una porta in faccia che ti risveglia da un brutto incubo.

Perché ognuno di noi ha dei momenti dove si fanno pessimi sogni. Dove il risveglio diventa una preoccupazione. E sopravvivere un’intera giornata sembra un’impresa. Capita. Abbiamo tutti avuto paura del buio. Forse non tutti avremo avuto degli incubi che sembravano allucinazioni, ma tutti ci siamo svegliati nel sudore gelido che punge sulla pelle, nel caldo allucinato di un estate o di un inverno. E la notte che non si diluiva nell’aria. E il buio che ancora faticava a scomparire. Anche quando accendevamo la luce tutto sembrava surreale, incerto, indeciso. Eravamo pedine, eravamo giocatori?

Ecco il mio veleno. L’anima corrotta. La rabbia, il rancore. Perché dovremmo tenercelo per noi? Tenetevelo. Mangiate un po’ di questa patata bollente. Io ne faccio a meno. Del buio, dei risvegli col cuore in gola. Del cuore che batte e fa rumore. Per ora, per un po’, ne potrei fare a meno. Possiamo vivere senza tutto questo. Senza i tramonti, senza i sorrisi. Senza tutto questo si sopravvive. Forse non si vive. Ma il modo di sopravvivere c’è.
Alziamoci, per favore.

Andrea (sdl)

AutoDistruzione

Campagna Toscana con nebbia 9
immagine appartenente al rispettivo autore
C’è sempre un modo per fregarsi. Il metodo migliore per distruggere tutto insieme è la morte. Ma ci sono anche metodi lenti e più dolorosi per venire incontro al desiderio di distruzione.

In fondo cosa potremmo mai desiderare se non un pò di autodistruzione. E’ in tutti noi, c’è chi fuma e lo chiama “mi fa rilassare”, ma in realtà è un lento bruciare dell’anima e della mente. C’è chi si perde nell’alcol. E vede la nebbia ogni notte. Ed ogni notte non vorrebbe svegliarsi mai. Siamo tutti in cerca di un modo come un altro per fregarci. Perchè alle volte, in fondo, ci piace sapere che toccando il fondo sapremo dove possiamo andare a finire. Ci tiene in vita. Ci tiene in vita l’idea che ci taglieremo le vene in una vasca da bagno, con il sangue che cola lentamente dalla mano e va a scolarsi via, mescolato con l’acqua nel nostro tubo dello scarico. Dove ci sono i nostri capelli, un pò di dentifricio, i capelli della nostra fidanzata, e qualche fluido corporeo non ben identificato.
Il sangue passerà di lì come fosse acqua, ma con molta più discrezione. Non farà rumore, non spingerà per passare. Sarà un passante tra i tanti. Niente di speciale.

La forza per non fare questo non cel’hanno tutti. Alcuni si fermano prima. E nessuno sente la loro storia. I nomi di queste persone non vengono scritti sui giornali, alle volte i loro funerali sono scarni. Nessuno li piange nel pubblico, ma c’è qualcuno che sicuramente, nonostante il degrado, sentirà la loro mancanza. E loro non erano peggiori di nessun’altra persona. Solo più deboli. E magari neanche di tanto.
La distanza tra una follia ed un altro passo è un semplice pensiero.
Basta quello per innescarla. Basta pensarlo e siamo già in volo verso la fine del baratro, con l’aria che ci accarezza i capelli, e gli orecchi che sentono uno sbatter d’ali.
Poi tutto potrebbe finire, o forse potremmo guardare avanti.
Allontanare la bottiglia, la siringa, la sigaretta, il preservativo, la carta, la mano, gli occhi, le orecchie, il mouse, la bocca, il sesso, le parole, le pasticche, le medicine, il bicchiere, il libro, il telecomando, la forchetta, le dita, il vetro, il coltello, il telefono, o qualunque altra cosa, da noi.
Basterebbe così poco, davvero.
Prima potevate essere degli aspiranti suicidi, ed ora invece state costruendo. E’ questa la vera magia. Lo potevate fare prima, ed ora già siete per la strada giusta.

Contrariamente a quello che si può immaginare la differenza sta tutta in un pensiero. Un pensiero può gettarti nel baratro, è vero. Ma può anche salvarti.
Può tirarti fuori. Un “Perchè no” può ridarti quello di cui avevi davvero bisogno.
Non si può sempre avere gli occhi di tutti per noi. Anche se ci sentiamo soli, non è questo il modo per richiedere attenzione. Magari alziamo la voce o semplicemente diciamo: Ehi, ci sono anch’io.
Molti non vi snobberanno di certo. In fondo, siete come loro.

Andrea (sdl)

Quando c’è il buio

Siamo poveri. Nelle strade, nei palazzi.
Siamo barboni, che camminano nella strada. Chiedendo elemosine d’amore. Sperando che qualcuno raccolga i nostri resti, li metta insieme e costruisca qualcosa di migliore.
Migliore di noi.

Siamo scorciatoie che nessuno nota, mezzi veloci per arrivare prima dove tutti gli altri ci attendono già. Siamo parole futili, il nome che dici senza ricordare il volto, il volto che ricordi senza pensare al nome.
Quelli che guardano dalla finestra le persone che passano.
Quelli che ancora non hanno capito da che parte iniziare. Perché se c’era un libretto, l’hanno perso.

Siamo quelli che non hanno mai superato la fase adolescenziale del sesso e dell’amore. Ancora credono di poter amare, di costruire un futuro. Ancora si emozionano, e si eccitano per davvero troppo poco. Siamo quelli che le emozioni le sentono ancora, e gli creano quel sottosopra nello stomaco che sembra una casa ikea arredata male.

E quando qualcuno ci passa accanto, già crede di sapere com’è che siamo. E quando qualcuno ci conosce è già sicuro di quello che faremo.
Siamo prevedibili. Dalla A alla Z, passando per qualche manciata di lettere. Tutti già sanno come ci comporteremo, come ameremo, che regalo vi faremo, qual’è la luce del natale che ci piace di più.

Perché se stiamo male piangiamo. Perché se piangiamo in fondo c’è sempre un perché. Siamo quelli in fondo alla strada, illuminati da un lampione qualunque. Quelli che non vedi, quelli che non senti, quelli che non ascolti.
Siamo ombre nella città. Passanti senza volto. Ancora ci chiamano per nome, ma siamo una massa informe. Senza nome alcuno, nemmeno legione. Siamo quello che siamo, e non l’hanno scelto gli altri, nessuno l’ha mai fatto.
Nessuno ci ha mai scelto davvero. Tutti ci hanno preso, per poi scoprire che dentro il pacco c’era la sorpresa sbagliata.

Siamo rumore in questa notte. Solo rumore in questa notte. Rumore forte in questa notte.
Siamo noi. Solo noi. Siamo gli urli che sentite quando vi coprite le orecchie con la coperta.
Noi, siamo quella paura.

Andrea (sdl)

Nightmares

darkness will lead to the light
immagine di proprietà del rispettivo autore

Mi sarei davvero accontentato di poco. Ligabue forse non ne sarebbe stato felice, ma io, forse, si.

Mi sarebbe bastato avere la certezza che senza alcune cose si può tranquillamente vivere. Mettere su anche un solo semplicissimo sorriso di facciata e dire “Va bene così”.

Sarebbe davvero andata bene. Perfettamente. Un lieto fine senza pari.

E invece no. Si rimane ancora ancorati a quest’ineluttabile incertezza. Ti svegli la notte con il cuore che va come un treno diretto in pieno texas, diviso tra una pallottola in testa ed una nel cuore.

Col terrore. terrore puro e semplice. E guardando intorno non c’è niente. Niente che dia l’idea di qualcosa da temere.

Cammini per la casa, la casa dove vivi, e continui a scansare tende che ormai non esistono più.

Sono dettagli che pesano ogni giorno, e alla sera arrivi ed ogni incubo (o sogno) è ancora lì ad aspettarti, tra le pareti piene di fantasmi e le ombre che non ammetterai mai.

Non urli perchè non avrebbe senso, ma in fondo sai che hai paura.

Paura di tutto questo, di questa certa incertezza. E non puoi che continuare.

A svegliarti di notte, a pensare a tutte quelle cose a cui non dovresti pensare.

E intanto fuori il rumore di un treno continua a passare.

Guardì l’ora e chiudi gli occhi, sperando che arrivi domani.

Andrea (sdl)