Se cerchi una soluzione veloce, non continuare a leggere.
Parlare di rituali d’amore non è semplice, molti prima di tutto saltano alla conclusione sbagliata.
Non si parla di sesso, non si parla per forza di partner, si parla di relazioni e di come vivere al massimo la vita, ecco perché questo è un argomento spigoloso.
immagine appartenente al rispettivo autore (~jjjohn~, su Flickr)
Questo racconto fa parte di una serie di racconti creati da “indizi” dei commentatori del blog. (vuoi saperne di più?) L’indizio è di Michele con le parole: “Sono solo tre parole”
In fondo spiego come è nato il racconto e di come l’ho creato partendo dal ‘dividere’ la frase. Leggi fino alla fine per leggerlo.
Il Sogno Più Profondo
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Sono le cinque del pomeriggio di un fottuto natale mentre due persone si muovono nei dintorni di una porta d’ingresso in legno laccato. Le spalle basse e le orecchie sintonizzate su ogni possibile rumore emerga dalle vicinanze. Se qualcuno potesse vederli in quel momento noterebbe le seguenti cose:
Entrambi indossano vestiti neri piuttosto aderenti
Hanno freddo, ma il motivo per cui tremano è ben diverso (beh, forse questo non lo noterebbero)
Stanno facendo qualcosa di losco
E’ soprattutto la terza opzione che salterebbe immediatamente all’occhio di un passante, le altre due invece sarebbero una naturale conseguenza. Sono buffamente loschi, si potrebbe dire.
immagine appartenente al rispettivo autore (Denis Collette…!!!, su Flickr)
Dedicato agli innamorati, a chi si guarda negli occhi e vede un futuro. Ai tramonti, quelli visti dalla punta di una collina col sole che scivola dietro, quasi in una picchiata involontaria. Dedicato a chi sogna, a chi ride, a chi scherza. A chi guardando gli altri trova quello sguardo chiaro, inequivocabile, di gioia. A chi vede il futuro con occhi diversi. A chi sa che il mondo non è fatto solo di bianchi e neri. Dedicato a loro che hanno ancora un punto dove arrivare, o che ancora non lo conoscono. A quelli che non l’hanno mai avuto, a quelli che l’hanno perduto. Dedicato a quelli che il punto non se lo sono proprio posti come problema. Dedicato a chi sa stringersi la mano, con calore, con affetto, con sincerità. Dedicato agli abbracci, ai calici di vino, ai sorrisi mai scordati, alle notti insonni, alle parole messe bianco su nero, alle spiagge, ai fulmini d’estate con le coperte, al respiro caldo, al dormire senza pensare ad altro. Dedicato ai piumini delle notti d’inverno, a chi vuole abbracciarsi non per il freddo, alle candele accese al buio per illuminare quanto basta i corpi. Dedicato a chi ha il coraggio di saltare dalla scogliera, per finire nell’acqua più blu di tutte, a chi non ha paura di questa vita e non si preoccupa di viverla, a chi pensa a riempirsi il cuore di quanto trova e la pancia di quanto c’è. Dedicato a chi il salto l’ha fatto. Nell’acqua, nel buio, ovunque. Perché il punto del salto non è quanto in alto o quanto in lungo lo farai, ma dove potrai atterrare.
immagine appartenente al rispettivo autore (dhammza / off, su Flickr)
E qual’è il valore dell’amore? Qual’è la strada da seguire? Com’è che alcuni sprigionano quell’aura di calore che non sappiamo spiegarci? Cos’hanno visto? Cos’hanno vissuto? Qual’è l’incrocio dei binari dove hanno scelto qualcosa di diverso da noi?
Qual’è il punto dove potevamo scegliere l’altra direzione?
Non c’è. Ecco la verità. La verità è che chi sprigiona calore non si è mai domandato quale fosse la direzione, la retta via da seguire. L’ha solo seguita, perché dentro di se sentiva, e non per rabbia o isteria o impulso, che era giusta. Nel più semplice dei modi. Ecco la vera differenza, il cambio drastico. Non importa lo scopo, l’obiettivo. Non importa neanche qual’è il punto dove vogliamo arrivare. A volte è semplicemente seguire se stessi, non gli impulsi, non i bisogni crudi. No, seguire la parte più intima e solitaria di noi, quella con la voce soffusa come la luce del sole al crepuscolo. Quella a cui non importa del nostro colore, dei nostri traguardi. Quella per cui noi siamo semplicemente noi e non dobbiamo dimostrare nulla a nessuno.
Perché è seguendo quella parte, così nascosta ed invisibile, che si crea tutto questo. Il calore, la luce, noi.
immagine appartenente al rispettivo autore (Alex Dram su Flickr)
Il tradimento è una macchia che non va proprio via. E’ un dubbio che s’insinua nel cuore. Potrai scegliere quando, forse. Potrai smettere, forse. Ma essere infedeli non è qualcosa con cui si nasce, è qualcosa che capita a metà strada. E’ trovarsi in una via, persi, senza avere più una direzione dove guardare. E’ immaginare un futuro diverso, senza però nessuno accanto nella tua macchina, senza nessuna mano a stringerti l’anima. Tradire non è qualcosa che si diventa. Non “siamo” traditori nè lo diventiamo. E’ un evento, come tanti altri. Nasci, vivi, tradisci, vivi ancora, a volte perdi il senso ma ci provi ancora. E’ nebbia confusa, è un’immagine distorta nella tv, è il messaggio subliminale che passa tra i frame digitali di un cartone, un’immagine invisibile ma corrotta, incoerente con tutto ciò che di te c’era prima.
E’ una parte di te che non volevi esistesse.
Dall’altro lato della barricata potrai trovare chiunque. Chi ti amerà. Chi preferirà dirti di no, che è meglio così, che la tua vita non la devi gettare al vento, che tutto ciò che hai costruito vale tutto quello che hai sacrificato ed io non varrei quanto tutto ciò. Ed anche se qualcuno tenterà di fermarti, finchè il cerchio non sarà chiuso nulla cambierà.
Il tradimento è un circolo che va prima o poi a terminare. Ma finchè non raggiunge il suo apice, o il suo punto più fondo, non si può dire di essersene liberati. Tradirai, eccome se lo farai. Anche dopo lo stordimento di un no, quel seme di follia sarà lì ad attenderti. E non importerà il suo nome, il suo colore, il calore che emanerà il suo corpo. Non avrà senso la sua voce, o importanza le sue idee. Non sarà originale la sua genialità, non sarà particolare il suo modo di camminare. Sarà solo una macchia, su un foglio bianco. Forse non l’unica, forse la prima. E come guardando un test di Rorschach ti domanderai: Cosa vedo?
E lei baciava tutti. Come se fossimo davvero tutti figli dello stesso Dio. E lei ci guardava e con gli occhi di una bambina in cerca di una risposta trovava una qualche domanda ancora sospesa nell’aria e sorrideva. La risposta non le serviva mai. Ci baciava e basta. Alcuni di noi un Dio neanche cel’avevano, altri non ci credevano. Altri erano nati senza e peccato per loro che non potevano nemmeno sperarci. Per alcuni Dio era un qualcosa che incontravi per strada, era la coincidenza che decideva la tua vita. Il segnale, il simbolo che era la conferma di ciò che pensavi. Vedendola così, loro erano il proprio stesso dio. Dopotutto ognuno trova le risposte alle domande che si pone. Per alcuni Dio era avere le risposte senza il bisogno delle domande. Ma per tutti lei era un pò diversa. Stramba? Forse. Ma di certo aveva qualcosa, qualcosa di tempi antichi, dove un bacio così era bandito, o di tempi dimenticati dove persone magiche riuscivano a dare tutto quello che passava loro in testa con la semplicità di un batter d’ali. Lei ci baciava. Ad ogni età. Non era una questione di sesso, di cuore, di Dio. Eravamo semplicemente tutti belli ai suoi occhi. Non per il fisico, ma per il cuore. “Vedo le luci” mi confidò una volta. Le chiesi cosa significasse, lei sorrise e disse un colore, mi pare fosse il rosso. Poi mi baciò. Prima sulla guancia, poi sulle labbra. E poi scappò da lì. Per alcuni Dio era un libro. Un dogma da seguire, un pensiero di altri. Per alcuni Dio era un bisogno disperato di opporsi e di credere in quello che si credeva. Che a sua volta era l’opposto di qualcos’altro, ma a questo nessuno ci pensava. Dio era tutto e niente, e forse questo voleva davvero significare Dio. Tutto e niente, l’alfa e l’omega. Tutti a domandarci cos’era Dio, poi arrivava Delilah e tutti si piantavano, scendeva un silenzio ovunque fossimo. “Io vi vedo, lo sapete?” disse ridendo una volta, scostando la tenda dall’ingresso della chiesa. “Vi vedo anche al buio” aggiunse.
Lei non era pazza, e mai lo fu. Di quel passato pochi la ricordano. Per molti era un gioco, per altri era solo una ragazza stramba che non aveva fissa dimora, con un cuore nomade come tanti altri. Non eravamo bambini, eravamo nell’adolescenza dove inizi a capire le cose ma non le comprendi del tutto. Era in quel momento dove tutto ed il contrario di tutto s’incrociavano in te per sprigionare i più grandi complessi della storia e le domande più astratte di sempre. Per molti è solo una memoria in un cassetto, per tanti altri è un qualcosa a cui ci si aggrappa quando la notte è buia e non sai dove andare. Per molti, se non per tutti, lei era un pò come Dio. Caotica, ma con un ordine preciso che non ti era dato di conoscere. Sapevamo tutti che un giorno sarebbe finito tutto. Che la chiesa sarebbe diventata silenziosa, che il loggiato non sarebbe stato mai più così affollato come in quell’estate. Come quando pioveva e lei correva sotto la pioggia a braccia spalancate. “Dove volevi volare?” le chiesi “Dove stavo volando, vorrai dire. Eravate piccoli piccoli piccoli” Aveva i capelli color pece ed uno sguardo senza un briciolo di malizia negli occhi.
Col tempo qualcuno di noi Dio lo trovò sul serio. Non in quella chiesa, non in quella città. Ognuno si spostò, perchè il baricentro è una cosa che impari con l’età. L’equilibrio, dicono, non è una cosa con cui nasci. Di Delilah rimangono solo voci di corridoio, tanti ricordi, e qualche foto. Ogni tanto decido di passare per quella chiesa, entro e faccio il segno della croce,poi mi sento un pò colpevole quando inginocchiandomi di fronte all’altare mi torna in mente di nuovo lei, l’estate e la pioggia e lei che corre corre e ci vede nell’anima e sa di che sapore sono i nostri sentimenti e di che colore i nostri pensieri. E non posso far a meno di pensare che lei sia stato il nostro piccolo miracolo e che prima o poi, con il caos che solo a lei era concesso, capiremo cosa tutto questo sarebbe dovuto diventare.
La vita è fatta di persone. Persone che se ne sono andate, persone che sono restate. Persone che hai amato, persone che hai dimenticato. Persone che vorresti incontrare più spesso, a cui vuoi sinceramente bene ma a cui non riesci a dimostrarlo come vorresti.
Persone uniche, persone che ti hanno cambiato e grazie alle quali oggi sai qualcosa di più. Sul mondo, o anche su te stesso. Persone che ti hanno insegnato come fare. Come dire, come baciare, come amare, come fare sesso, come immaginare, come sognare, come cucinare ed, alle volte, come piangere. Nessuna di essere però ti ha insegnato come essere triste. Perché quello non si impara mai.
Persone che avresti voluto a fianco, persone che avresti voluto amare, persone che avresti voluto fermarle per dar loro un respiro in più, persone che hai smesso di amare e ti è rimasto qualcosa nel fondo del cuore ma nessuna di loro lo sa davvero. Persone speciali, che le guardi e vedi qualcosa intorno che ti fa capire istantaneamente che c’è qualcosa che vorresti conoscere di loro. Ti basterebbe solo averle vicine per sentire e vedere qualcosa in più di questo mondo.
Persone magiche, come quelle che un giorno passano, ti lasciano odorare un pò di primavera, e poi scompaiono nel nulla. Ti domandi che fine hanno fatto, ma probabilmente non lo saprai mai.
Una vita intera è fatta di persone, non solo di fatti, perché sono le persone che ci cambiano, è grazie alle persone che cambiamo, che viviamo, che abbiamo qualcosa di dolce da raccontare. Alle persone, dico grazie.
Guardo Californication (seconda serie) e mi domando se davvero non ci sia qualcosa di anomalo in questo mondo. Ripenso a Bukowski, non troppo nascosta citazione della serie tv, ed in fondo tutto torna: Stiamo perdendo il romanticismo. Stiamo perdendo non tanto le parole, le dichiarazioni, no, stiamo perdendo la magia. Un diamante? Questo è romantico? La volgarità romantica di Hank (quello del vecchio Buk), quella era romantica ed era un marchio di fabbrica che non mancava di sorprendere. In tutta quella merda, in tutta quella schifezza, si poteva amare. E allora perchè, dico, perchè, è così tanto complicato farlo quando non hai intorno tutto quel casino? Ossessionati dal porno? Dai dubbi sessuali? C’è chi cerca le risposte nell’omosessualità (e quella non la puoi cercare, solo trovare o scoprire), e chi invece si abbandona a sterili relazioni che mancano di coinvolgere per poi tornare al punto di partenza: Il sesso cosa diavolo è? Un mezzo? Un gioco? Un passatempo? E in quella città degli angeli scopriamo che è più importante la linea che divide la donna in due parti simmetriche, piuttosto che il suo sorriso. E tutti, tra donne e uomini, accettano questo compromesso. Ma perchè deve andare bene? Non è giusto. Voglio ancora le dichiarazioni d’amore, le carezze ed i baci. Non sono capace di accettare tutto questo, e non posso perdonare che succeda.
La vita, il mondo, sono frammenti di amore che ci è concesso regalare, perchè dobbiamo temere tutto questo? E nel sesso, cavoli, mettiamoci un pò di sentimento, che un orgasmo con il sentimento ne vale cento trasgressivi. La trasgressione è solo un eccesso, non un sentimento. Si può trasgredire ed amare, si può urlare ed amare, si può anche morire d’amore volendo. Non arrendiamoci. Non arrendetevi. Non lasciate che vi sia buio intorno a voi. E non temete il vostro lato oscuro. Anche quello può amare senza rinunciare a ciò che lo rende unico.