Non sempre è come sembra

Oggi ho ritrovato un signore. E’ un signore che conosco da ormai molto tempo. Ci incrociamo per le strade di questa piccola cittadina che Montevarchi è. Scambiamo quelle due o tre parole e poi ci salutiamo, sempre con un bel sorriso sulla faccia.
No, non voglio raccontare cosa mi succede durante la giornata. Sarebbe tedioso e soprattutto inutile, per chiunque lo legga e per me.
Però è interessante raccontare una storia. Piccola o grande che sia.
Questo signore assomiglia innegabilmente ad uno dei tanti “venditori di fede” che girano per le nostre città. Alcuni sono i testimoni di geova tanto per fare un esempio. Sono quelle persone che consacrano il loro tempo libero a provare a venderti un pò della loro fede, che ne hanno sinceramente troppa ( e averne un pò di meno a volte gli farebbe bene ).
Fin qui niente di nuovo. Solo che io in genere non sopporto la mercanzia di sentimenti e quindi quella della fede. Proprio non è concepita dalla mia piccola testolina. Uno può mostrarmi tutte le cose belle che vuole ma sono io che devo decidere se sentirmi dentro tutto quanto, nessuno si deve arrogare il diritto di convincermi con parole diverse dalle mie.
Perchè la fede di questo si tratta : un’esperienza interiore.
Io non sono credente ma per me la fede è questo. Non è genetica e non si tramanda. O cel’hai o non cel’hai. Ma in entrambi casi puoi perderla o trovarla per strada, la tua strada.
Non ci possono essere altre persone che ti faranno trovare la fede. Ciò che potranno darti è solo un’immagine distorta da specchi di quella che per loro è la fede, ma così si perde tutto il significato dell’esperienza interiore ed introspettiva che un qualunque credo degno di esser chiamato tale richiede.
Ora quindi il punto è : mentre con qualunque altra persona generalmente cercherei di stroncare le loro tesi con la cattiveria di un diavolo e vorrei allontanarmi da loro per quei metodi così scorretti che utilizzano con lui non è stato così. Ed ecco la piccola storia.

Era un’estate di due anni fa quando lo conobbi. Un’estate calda come dovrebbe essere. Un bel sole al tramonto che giocava con le forme della stazione per creare stupende ombre cinesi. Io ero seduto nella sala d’aspetto. Piccola, una ventina di posti a esagerare, bar chiuso, edicola chiusa. Mi sa che era domenica. Ero ad aspettare un treno, anche se non mi ricordo dove dovevo andare. Fattostà che ero lì, e tanto bastava.
Ero seduto, nella stanza c’erano altre due o tre persone. Ad un certo punto il signore in questione intraprende uno dei tanti discorsi con una presente. Gli racconta anche lui una storia, di cosa successe ad un ragazzo : litigò con i genitori e morì senza potersi scusare.
Morale della favola? alla signora non gliene fregava davvero niente e il povero ragazzo probabilmente era a dannarsi in un dubbio aldilà. La storia era strappalacrime, veramente. Probabilmente sarà pure stata vera, in fondo questo è un mondo crudele pieno di gente crudele, anche se siamo buoni nel midollo. Però la sfiga esiste e non possiamo dire di no. Quindi ci stava come cosa. Ed è brutto pensare di avere dei conti da saldare e morire prima. Brutto, molto brutto.
Io mi alzo. Per scansare la conversazione mi metto fuori, al binario ad attendere.
Dopo qualche minuto Giuseppe (questo il suo nome) esce e mi vede.
Le opzioni erano due

  • Scappare urlando “VEDO LA GENTE MORTAAAA
  • Restare
Il mio innato lato buono decide di restare, anche perchè non mi sembrava il caso di scenate. Inizia la solita roba. Discorsi sul signore e su Gesù. Questo mi colpisce distintamente. Si parla principalmente di Gesù e non di Dio. Cosa strana ai giorni d’oggi che qualcuno si ricordi di lui. In genere c’è Dio e Dio solo. Invece questo mi parlava di Gesù. Non che la cosa fosse più piacevole, ma se non altro era di sicuro diversa dalle altre.
Almeno parlavamo di una persona, umana o divina che fosse. Ma sempre di una persona.
Mi parla e mi parla. Io gli espongo i miei modi di vedere il mondo dicendo che credo sia semplicemente importante fare del bene, non importa se il bene viene fatto in base ad un credo o no.
Il suo modo di fare non era arrogante ma bensì pesato e cordiale. Mai ipocrita. Se c’è un dono che bisogna dargli atto è quello della parola. Non tanto come contenuti quanto come espressione. Sapeva (e sa) parlare, porre il tono di voce e le parole, scandirle quanto basta perchè niente vada perduto nella trama dell’ascolto. Assolutamente ineccepibile.
Mi porge un foglio e mi dice “Qui ci sono alcuni degli insegnamenti di Gesù, sono tratti dalla Bibbia, li legga la prego quando avrà tempo
chiaramente rifiuto il foglietto dicendo che ho già la Bibbia (di cui tra l’altro ho letto con piacere l’apocalisse. ma in effetti come libro di narrativa non è un gran che. Leggerlo senza la fede è molto faticoso) ed è lì che lui si guadagna la mia stima.
Poteva continuare, dirmi di tenere quel foglio.
No invece. Sorride, come se avessi avuto chissà quale cosa e poi dice “Allora va benissimo anche quella, anzi, è perfetta“.
Non mi incita ulteriormente a leggerla ma anzi gli basta di sapere quello perchè lui senta “compiuta” la sua missione.
La bellezza di questa cosa è nel fatto che ha lasciato a me la libertà di scoprire la mia fede, senza quindi interferire in un percorso strettamente personale. E’ qui che lui si è distinto da tutti gli altri venditori di fede. Ed è questo che mi ha colpito, indipententemente dal fatto che le nostre idee discordino sul credo è di sicuro certo che non discordino sulla libertà, e questo mi basta per sapere che lui non è un ciarlatano o un mercante. E’ una persona che ha una grande fede e non la vuole imporre con violenza o ciecità sugli altri.

Questa è la storia. Semplice e concisa. Ci ritroviamo spesso, quando più quando meno. Lo trovai anche un giorno in un treno alle 4 del mattino. Lui andava al lavoro. Era sveglio come se avesse dormito 12 ore e invece ne aveva dormite quattro. Un pò lo invidio.
In fondo non sempre è come sembra, a volte si può non avere una veste ed essere più vicini a Dio di un prete, altre si può non credere ma fare molte cose più buone della Chiesa intera.

Andrea (sdl)

Dreamers of the world

Non sono Steve Jobs. E ammetto che non mi dispiacerebbe avere anche solo una briciola del suo carisma. Ma però mi piacerebbe dedicare un pensiero. A tutte le persone.
Jobs diceva “Stay Hungry, Stay Foolish, tratto da una serie di libri dei suoi tempi di giovane ragazzo.
Stay hungry : Siate affamati.
Stay Foolish : Siate folli.
Qual’è il significato racchiuso in entrambe le due cose?
La prima è che non bisogna mai sentirsi sazi delle proprie conquiste. Non bisogna mai fermarci (gli scout direbbero “é la strada di chi arriva e arriva per partire”).
La seconda analizza il modo in cui non dobbiamo fermarci.
Serve un pizzico di follia per credere in certe cose. La follia che viene annientata da abitudini e costumi, da regole insensate, gabbie di timore che la società ci impone.
Tutti possiamo riuscire. Chi meglio chi peggio, ma possiamo. Dobbiamo solo imparare a guardare da altri punti di vista. A vedere i tramonti dal cielo e non dalla terra. E a pensare come sono le stelle, senza poterle vedere.
Ognuno ha in se la potenzialità per divenire un nuovo genio. Solo che noi crediamo di non averla. E ci adattiamo a quest’ambiente. L’essere umano ha questa capacità : adattamento.
Ma se ci adattiamo in una falsità? Perdiamo lo speciale che c’è in noi, e diventiamo semplicemente persone che esistono per fermarsi e restare lì.
E’ davvero questo che vogliamo? C’è sempre tempo, a qualunque età, per imparare. Anche se è vero che la maggiore creatività si ha da giovani.
Il motivo?
Si è foolish.
La follia è una caratteristica determinante della gioventù, quando i clichè della vita comune non sono ancora entrati nel modo di pensare la mente è maggiormente slegata da queste convinzioni.
Viviamo nella società dei miracoli e c’è gente che finisce col credere anche in cose opposte.
Tipo quelli che credono si possa fare soldi dal niente. Certo è possibile, ma non è “potenzialmente facile”. Non è nella nostra potenza. E’ spesso la fortuna a far cose così. Ed è davvero bello “saper guadagnare soldi”? E’ un numero in crescita. Numero utile, certo, ma numero rimane.
Non crei, non produci, non ti senti autore di niente, firmi le tue carte e basta. Ecco la tua ricchezza. Una ricchezza che non è stata prodotta da te. Che cosa hai innovato? nulla, perchè i soldi distruggono la creatività. Lo spirito non ha bisogno di soldi per esistere e anzi, è nelle difficoltà che si sente stimolato. Viceversa noi li necessitiamo per poter andare avanti. E questi servono di sicuro. Ma non bisogna vederli come un mezzo necessario per realizzare certe cose.
La vera pazzia è riuscire a fare cose senza limiti.
Lì nasce il genio. Ed è un genio che esiste in ogni essere umano.
Poi c’è anche altro.
Ad esempio col crescere si diventa insensibili, oltre che bloccati a livello creativo (non sempre, sia chiaro).
Sapevate che i bambini sono molto reattivi ai sorrisi?
Fate un bel sorriso, sincero ad un bambino. Cosa succede? Vi sorriderà.
Fatelo ad un adulto. Cosa succede? Vi prenderà per pazzo.
Già che motivo c’è per sorridere? cazzo ho da pensare al mio lavoro alla mia famiglia etc etc etc.
Perchè, non si può sorridere pur affrontanto le difficoltà della vita? Cosa ce lo nega? Cosa viene bloccato nella crescita per impedirci tutto ciò?
sia chiaro. Probabilmente un 20enne reagirebbe come un adulto. Il motivo? Penso che ultimamente siano sempre di meno le persone svincolate dal pensiero nonmorale della società. Quel pensiero che condiziona l’individuo.
Siamo sempre troppo sul “devi/non-devi” e non sul “impara“. L’imparare sta perdendo di significato, si va scomponendo fino a scomparire nella storia. Non c’è più voglia di imparare e creare. Almeno per quanto mi è concesso vedere nel mio ambito. Non c’è stimolo a farlo.
Ogni qualvolta qualcuno mi dice “tutto è già stato inventato” mi sento morire dentro. Come si fa ad avere una disillusione così forte sul futuro? Il futuro è ciò che “sarà”, come si fa a credere che non esista? Dire “tutto è già stato inventato” equivale a fermarsi. Stop. Punto. Prendi il tuo stipendo e torna casa.
Ma vogliamo questo?
Non ci sentiremmo estasiati dall’invenzione del microonde, se fossimo un pò di anni indietro? Si vero? Oppure un nuovo stile musicale, un libro particolare. Cosa c’è di strano nel creare?
Perchè crediamo che tutto finisca qui?
Perchè la resa è più facile della lotta? Perchè vogliamo semplicemente accontentarci? per poi ammirare chi non si è accontentato?

Mai arrendersi.

Andrea (sdl)

What if…what not…what else

Cosa succede quando uno non riconosce più una persona? Cosa bisogna fare?

non lo so, diamine! Non lo so.
E’ sconvolgente essere affezionato ad una persona e, tutto ad un tratto, non vederne più i tratti caratteristici. Nemmeno uno.
E in quelle sue novità non ci trovi niente di buono o positivo. Solo un’angoscia che ti attanaglia il cuore.
E quindi cosa bisogna fare? Uno torna a casa e un quadro è cambiato. Ma nessuno sembra averlo sostituito. E’ cambiato e basta. Si può cercare di riportarlo indietro, ma davvero riotterremo il vecchio quadro? O solo una copia ben imitata (sempre sia possibile tornare indietro)?
Cosa porta una persona a cambiare in un lasso di tempo relativamente piccolo? Scelte personali forse. Difficilmente una nuova visione del mondo. Per avere una nuova visione delle cose e quindi dei propri comportamenti serve tempo. Tempo per prenderci confidenza e per capirne le forme. Forse allora certe visioni e comportamenti erano solo sopiti, oppure sono frutto dell’ipocrisia.
Certo, per esser corretti ogni persona che formuli pensieri sul cambiamento di un’altra dovrebbe tenere di conto il fatto che semplicemente venga vista in modo diverso, ma che in realtà è sempre stata così.
Allora sorge un’altra domanda : vedo meglio ora o prima?
Come al solito ho le domande ma non le risposte. Non che mi aspettassi diversamente, ma ci spero.
Eppure il cambiamento è una cosa così fantastica, così mistica e importante, che non dovrebbe essere sminuito. Eppure questa paura, questo dolore, perchè? Perchè ci sono? Temo che certi cambiamenti non siano invertibili, temo che per invertire certi cambiamenti ce ne vuole, di forza di volontà. E a volte cambiare significa decidere di non partecipare, di non essere liberi, di non volere.
Rinchiudersi nel proprio cieco egoismo per parlare a se stessi.
A volte il cambiamento assomiglia ad una gabbia così. Una corsa sui binari con la paura di fermarsi da qualche parte. Illuminati dalle notti delle città. Nei dolori di noi stessi.

Andrea (sdl)

Gankutsuou: Il conte di montecristo

Harsh words were said and lies were told instead
I did never mean to make you cry…
But love could make us weak and make us strong
And before too very long
I was totally in love with you. I bathed in you.
Lost in you. Captivated by you.
Amazed by you. Dazed by you.
Nothin can go wrong.
Nothin can go wrong.

Ovvero : l’anime che riuscì a trasporre la magia del capolavoro di Dumas, in musica e immagini.
Si può assumere che in genere le rivisitazioni di capolavori della scrittura siano un fallimento.
Come decente fu la miniserie italiana sul conte di montecristo, con la perfetta partecipazione di Gerard De Pardieu, infimo invece il film che fu prodotto in altri luoghi.Capita però a volte che ne esca fuori qualcosa di decente.
Cosa c’è da dire su quest’anime? Che rappresenta molto più di quanto non mostri agli occhi.

So tonight i’ll sing a song to all my friends
Also to those we won’t be seeing again
To those a knew and those i still adore
And i want to see once more…
I just pray that you will love me and trust me,
Laugh with me and cry with me,
Spend those silent times with me…
Love me evermore.
Love me evermore.

Questa rivisitazione è quanto di più particolare sia probabilmente mai stato prodotto in generale. Anzitutto sfrutta una tecnica di animazione particolare. Chiariamo che è economica, ma che svolge il suo sporco lavoro. L’animazione infatti non si occupa che di fare un interessantissimo gioco di textures per dare “movimento” alle texture dei vestiti. Sostanzialmente, abiti e capelli (ad esempio), sono composti da texture (già qui cosa rara, in genere sono di un colore unico o con sfumature, mai una texture). Le texture sono di vario genere, dalle più vistose alle più modeste. La genialata è un’altra. e cioè che quando un personaggio si muove, le sue texture rimangono ferme. Si avverte quindi il movimento, oltre che dal personaggio, anche dal fatto che lui stia “scorrendo” la texture.

Questo è il primo punto di forza.

Il secondo è la storia. Dolce e tenue, ma mai debole. Dosata in buone parti e rivisitata ampiamente per non dare l’idea della minestra riscaldata (basti pensare solo al fatto che è ambientato in un futuro). In aggiunta la conclusione, oltre che inaspettata, travolge drasticamente l’ottica del libro, trasportandola su un piano totalmente diverso e concludendosi quindi, non come Conte di Montecristo, ma come Gankutsuou.

You and i were lovers,
Our dreams will not sell thy life.
And then my friends’ betrayal
Meant you never would be my wife…

E solo leggendo il testo, in grigo corsivo, in cui spicca un grassetto da notare, si vede quanto, anche la sola sigla iniziale, rispecchi l’immagine che si è voluto trasmettere. Un immagine che fa largo uso dell’amore e dell’odio. Dei legami che si creano tra le persone per non abbandonarli mai. Questo è Gankutsuou. Non un semplice anime. Ma uno degli anime che meriterebbero un premio, per il come ti fanno sognare, per il come ti fanno aprire gli occhi o il cuore.

Harsh words were said and lies were told instead
I did never mean to make you cry…
But love could make us weak and make us strong
And before too very long
I was totally in love with you. I bathed in you.
Lost in you. Captivated by you.
Amazed by you. Dazed by you.
Nothin can go wrong.
Nothin can go wrong.


Andrea (sdl)

Fight me

Con questo post mi farò probabilmente qualche inimicizia, ma questo è ovvio. Non si può pretendere di accontentare il mondo intero. E la cosa strabiliante è che potrò farmi inimicizie di persone che, senza questo post, probabilmente avrebbero così tante cose in comune con me da stupirsene. Ma poco importa.

Chiariamo anzitutto una cosa : Non sono un moderato.
Non lo sono e mai lo sarò. Sono dell’idea che bisogna avere idee forti e realizzarle con la giusta dolcezza. E avere idee forti non significa non ammettere confutazioni, ma anzi essere l’elemento attivo della PROPRIA confutazione.

Rimango però un pò male di fronte a certe cose.
Essendo capitato per caso, girando tra alcuni blog, ad un sito ( http://www.tmcrew.org ) che ha come contenuti decine di proteste“. Alla cocacola, alla globalizzazione, al sessismo, etc etc etc.
Partiamo anzitutto da degli interessanti luoghi comuni di cui spero sarà facile identificare la matrice.
Senza voler fare alcuna generalizzazione è facile vedere come, molte persone che “disdegnano” la globalizzazione, poi fanno esse stesse parte di un processo che tende a globalizzare o a togliere personalità all’individuo.
La globalizzazione portata avanti da multinazionali quali Nike, Coca-cola, etc. effettivamente toglie individualità alla persona, agglomerandola poi, con le sue “scelte” alla massa.
E’ facile poi identificare una buona cerchia di persone che “disdegnano la moda“. Scelta più che rispettabile e mai biasimabile per me.
Peccato che esistano gruppi interi che per fuggire all’incubo della moda, seguono la moda.
Si guardi gli stili di capelli, di vestiti, di trucco che i maggiori movimenti giovanili hanno, e si confrontino tra essi.
Giusto, ci sono differenze. Esattissimo. Differenze non percepibili nella “scelta di vestire” se non da persone appartenenti a quella determinata “categoria”. E’ innegabile però il fatto che (eccezioni a parte e casi particolari) si tenda ad amalgamare lo stile creandone uno “distintivo”.
All’interno di esso poi ogni individuo cercherà di distinguersi forse, ma all’esterno questa è la visione.
Ma non è forse la stessa visione che si avrebbe, appartenendo ad una delle suddette categorie guardando “coloro che seguono la moda“? proprio perchè non si appartiene a quell’ambito riesce difficile coglierne le differenze stilistiche e umane. E mentre da un lato è vero questo, dall’altro è vero che, con questi pensieri, l’individuo perde valore per due motivi.

  • Primo : Ognuno vede differenze solo nella sua cerchia di interessi, e così lo stesso per le uguaglianze.
  • Secondo : La tanto odiata globalizzazione finisce con l’attuarsi per altre vie,e probabilmente si può ipotizzare che solo la mancata diffusione di certi fenomeni ne rappresenti il vero ostacolo.

In aggiunta a questo nel sito c’erano forti critiche al “potere dei grandi“, alla “coca cola” e alle sue scelte (oltre che alle implicazioni della globalizzazione a livello politico). E in ogni pagina c’era forte l’appello all’unità per combattere i nemici. Con azioni violente e non, a seconda dei campi. Manca il tanto agoniato “Fottere per la verginità” e saremmo davvero al completo.
Purtroppo non mi considero disilluso, ma neanche illuso. Di queste due fortune non ne ho avuta alcuna.
E non credo personalmente che il “potere dei grandi” si fermi con rivolte.
Come non credo che boicottando McDonald o la CocaCola otterremo un mondo migliore.
Non ritengo che sia così il metodo per arrivare a certe soluzioni.
Questo è il metodo più semplice, più diretto, e meno produttivo.
C’è un metodo nettamente più difficile (infinitamente), meno diretto e, se realizzato, dannatamente più produttivo.
Solo che siamo abituati ad avere tutto il biscotto intero, e non a pezzetti, quindi non viene considerato. Inoltre fa sempre il suo effetto l’idea della rivolta, dell’opporsi all’invincibile direttamente, petto contro petto, parola contro parola. Fa scalpore, e genera dentro di se un forte desiderio di eroismo per certi versi, che non ho assolutamente l’intenzione di stigmatizzare. Molte delle idee partorite per manifestare sono buone, ottime e altresì stupende. Alcune, (come i black bloc) non le condivido assolutamente (vedesi “Fottere per la verginità“). Sono cose orrende condite da belle parole, null’altro.
Ghandi diceva che non solo il male non va fatto, non va neanche pensato.
Ed in questa frase, che è un pò universale (a parte che non si può usare per cucinare), che secondo me va ricercato il vero metodo, che sembra a prima (e seconda) vista impossibile da fare.
E’ cambiando il modo di pensare, il modo di vivere, che il mondo cambia. E il modo di pensare, il modo di vivere siamo noi a deciderlo e a trasmetterlo.
Facile dire di essere contro la globalizzazione, contro lo sfruttamento, contro il dolore dei paesi poveri.
Ma guardiamo nel nostro piccolo.

Quante volte abbiamo ferito qualcuno vicino a noi?
Quante volte il nostro egoismo si è fatto vivo ed ha danneggiato altre persone?
Quante volte la nostra brama di gloria e di potere si è fatta scudo con altre persone?
Quante volte si è offeso qualcuno senza preoccuparsi della persona?
Quante volte abbiamo odiato?

e così via. Potrei elencarne milioni di casistiche umane dove noi coscientemente facciamo male ad altri. O forse non coscientemente, ma quando lo scopriamo siamo incapaci di risolverle il casino.
“Non c’entra niente” si potrebbe dire. Invece si. Perchè è da sentimenti così, da pensieri così, che il 90% dei mali che affliggono questa terra sono originati.
“Ha iniziato lui”, “E’ per colpa sua” altre risposte. Beh, un errore ne giustifica un altro? E alimentare la vostra vendetta non significa forse farla alimentare a lui successivamente e così via? Perchè continuare? Per sfogarsi? E’ un circolo vizioso. Piano piano diventa la lotta tra bande mafiose, dove se uccidi uno ne vedi morire uno e poi ne uccidi un altro e ne vedi morire un altro e così via. Più in alto ancora la cosa cambia. Ma la radice è quella, unicamente quella.
Certo, nel singolo sembrano piccoli, ma piano piano che il livello sale la grandezza del danno aumenta e così via. E quindi non è con cose plateali che il mondo viene cambiato. Sono le rivoluzioni silenziose che in genere spiazzano. Solo loro a cambiare il mondo. Anzi, siamo Noi. Noi che decidiamo di imparare, decidiamo di non danneggiare, decidiamo di non far star male. Decidiamo di ridurre un attimo il nostro vocabolario volgare per non permettere a certi luoghi comuni di ferire le persone senza motivo. Decidiamo di aprirci e di concederci. Decidiamo di non odiare e di perdonare. Decidiamo di lasciare il passo e di non fare la solita struggle for pleasure. Decidiamo di regalare il nostro amore.
Questi sono i metodi.

Se tutti tenessimo agli altri, nessuno soffrirebbe, perchè l’unica certezza di questo mondo, oltre la morte, è che a nessuno piace soffrire. (nemmeno ai masochisti).

Andrea (sdl)

Questione di significati.

(premessa : questa non vuole essere una lezione sul significato delle parole. Sono, come sempre, mie supposizioni. )

Ai” in giapponese significa Amore. E’ il tipo di amore puro ed incondizionato. Quello “One way“. Quello del “Dare dare e dare” offrire sempre, finchè non veniamo sfiniti da noi stessi, fino a quando ci spacchiamo da soli l’anima.

Koi” in giapponese significa anch’esso Amore. Ma è quello un pò più egoistico. Anch’esso “One way“. Quello dell'”Avere avere avere”. Quello che predilige l’individuo (come anche “Ai” in un certo senso).

Stranamente se scritti assieme i due Kanji di tali parole stanno a significare “Amore romantico“.
Quasi ad indicare che si deve essere per forza in due per costruire il vero amore. Non esistono amori separati. Esistono persone separate. Persone che, distanti, continuano ad amarsi su un filo.
C’è da chiedersi quanto sia vero. Quanto la polvere che rimane sulle parti scure del nostro cuore rappresenti ancora qualcosa. Quanto ancora siamo capaci di dare.
Abbiamo tutti paura di dare perchè abbiamo paura che un giorno non potremo più farlo. E allora ci tratteniamo. E’ un meccanismo naturale di difesa che innesca un circolo vizioso di causa-effetto da cui nessuno è riuscito a fuggire.
E’ un pò come dire che per amare bisogna saper essere altruisticamente egoisti. Saper guardare lei e non dimenticare noi. Sentire entrambi i cuori battere e sentirne il loro sincronismo.

C’è chi nell’amore non ci crede. Crederà in qualcos’altro. Un Dio, se stesso, un futuro o un passato. Ci sarà una pergamena scritta da qualche parte nella sua memoria che gli ricorderà in cosa credere. E per quella cosa darà la vita. Fino a diventare spezia per i cieli.
Ma è facile cadere vittima dell’amore. Credere che sia la morte di tutto ed arrendersi. Come è facile in amore dare per vinte certe battaglie. Sconfitti da un dolore troppo forte per una persona normale. E quel dolore scava dentro piano piano, consumandoti quasi l’anima. E’ davvero tremendo, lo immagino.
Ma l’amore, quando c’è, quando è vero, dà alle persone un’unica possibilità, quella di condividere una vita. Non si tratta di prestare un cd, nè di copiarlo. Si tratta di condividere un’intera vita, anche se solo una fetta di essa, anche solo un giorno, un mese, poco importa.
Riuscire a guardare nella vita di un’altra persona è una cosa rara.
Quasi quanto Amare qualcuno
o trovare di nuovo quel filo che oltrepassa il cielo.



Andrea (sdl)

L’importanza di essere presentabili

Benvenuti sul fronte per la salvezza degli occhi!
Benvenuti a tutti.
Per una volta il sottoscritto parlerà di una cosa che c’entra unicamente con i blog, senza (si spera) divagare in stupidate di vario tipo, o facendo troppi giri di parole.

Venghino signori venghino!
*papparpapaprpapapapapppapaaa*

Anzitutto chiariamo di cosa sto parlando.
Penso che un pò tutti siano d’accordo che bisogna essere presentabili in certe situazioni giusto?
Ora, spostiamo un pò l’occhio da noi, e immaginiamoci “L’informazione”.
“L’informazione” è ciò che vogliamo dare, ciò che vogliamo trasmettere, ciò che vogliamo comunicare.
Essa deve essere fruibile da coloro che la devono ricevere. Se scriviamo con una penna nera a gel su un cartoncino nero, difficilmente ciò che scriveremo potrà arrivare al destinatario.
I blog non fanno eccezione.
Si può argomentare che i blog sono per se stessi, ed è in parte vero. Ma allora uno si scriva un diario in casa no?

Quindi, dove voglio arrivare? Diciamo che questo è un consiglio più che una critica.
Ci sono “regole” che servono a rendere i siti web più leggibili, meno stancanti.
Il primo passo è la grafica. Una colorazione sobria a basso contrasto tra testo e sfondo favorisce la lettura dell’occhio e permette quindi un minor affaticamento, i colori inoltre sono preferibili tenui piuttosto che accesi.
Il secondo passo solo le cose in movimento e la pesanzetta generale del sito.
Gif animate, Animazioni Flash, e altre cose, contribuiscono anzitutto a dare una visione disordinata e non omogenea e, oltre a distrarre, sono pesanti. Rallentano i computer più lenti pertanto rendendo illeggibili blog da chi magari vorrebbe.
Terzo passo è il layout. Che non sempre è leggibile come si crede (trovo purtroppo blog che io non riesco a leggere perchè il layout disintegra tutto il resto). Il Layout su blogger è messo in atto da quello che viene chiamato “Modello” o “Template“. E rappresenta la struttura complessiva del blog, immagini, testo etc.
Alcuni blog che leggo per esempio mi richiedono un notevole sforzo visivo perchè il layout, su browser diversi da Internet Explorer (che non uso), si scombussola e dà noia al resto.
Quindi il quarto passo, (invisibile per molti) è la compatibilità.

L’ultimo passo è come scrivere e in che modo presentarlo. Anzitutto io personalmente consiglio sempre un testo con allineamento giustificato, per una questione di ordine. Il grassetto, posto quà e la (lo spunto è arrivato dal blog di BeppeGrillo), secondo le proprie necessità, ha la duplice funzione di sottolineare una parola e di attirare l’attenzione del lettore, favorendone quindi la lettura generale. (che poi io scriva comunque pesante ed illeggibile ragazzi, è un altro conto 🙂 ).
I colori che ultimamente sto provando ad utilizzare invece ritengo siano utili ad umanizzare la comunicazione del testo, favorendone inoltre la visualizzazione mentale. Ma qui è una mera supposizione.

Detto questo, come al solito, ognuno è libero di far ciò che vuole. Ma è sempre consigliabile un piatto d’argento che uno di plastica no?


Andrea (sdl)

(ah già, l’ultimo vero passo è il contenuto! )

La rateizzazione della tolleranza e del rispetto

La tolleranza e il rispetto sono sempre più spesso valori che cadono in disuso. Vengono spostati in cassetti o scatole da scantinato e poi abbandonati lì. Non da tutti certo, le generalizzazioni sono un male di facile approdo, ma è una cosa sensibile.
Quante volte, frustrati dalla nostra vita, abbiamo reagito male scaricando su altri i nostri problemi? Il 90% delle contestazioni, delle discussioni, avvengono per debolezza nostra, mai per errore di altri. Un pò di educazione e tutto sarebbe risolto.
“Scusi, potrebbe fare più piano” è un modo sicuramente meno aggressivo e arrogante del solito
“Shhhhh”
soprattutto nel caso in cui il casino sia davvero relativo e non fuori luogo.
Sono modi di porsi, di rispettare gli altri. Di comprendere la propria situazione e sdrammatizzarne la drammaticità.
Per certi versi è segno di vera maturità, il non perdere le staffe. Anche se in altri casi e situazioni forse sarebbe sensato e giusto.

Fosse tutto solo qui.

Stasera in giro c’era il discorso dei luoghi comuni e di come “L’abito non faccia il monaco ma ti eviti le rogne”. In un italia dove gli autovelox sono diventati non un deterrente ma un commercio, la riflessione ha quantomai significato.
Un piccolo ragionamento.
Prendiamo ad esempio un giorno lavorativo qualunque.
Prendiamo dei vigili o dei carabinieri in un posto di blocco.
Prendiamo l’orario del dopopranzo.
Quanti uomini benvestiti verranno fermati?
Quanti ragazzi verranno fermati?
A quanti dei primi e a quanti dei secondi verrà fatto (o perlomeno supposto) il test dell’alcol?
Possiamo spostare la visione su altre ore della giornata, o su altri tipi di reato, tipo chessò, le moto in regola.
Vengono controllati più motorini o moto da corsa per la regolarità del mezzo?
Non sto insinuando che le forze dell’ordine non svolgano correttamente il loro dovere, sto mostrando invece come, luoghi comuni oramai radicati nel pensiero generale facciano scivolare via problematiche di raggio sicuramente più ampio. La legge va rispettata. Stasera un uomo diceva “Non bisogna cambiare le auto, bisogna cambiare le menti”.
Non sono le auto a dover andar meno: Sono gli uomini che devono imparare a non andare forte.
La differenza, per i ciechi, è sottile ma fortemente presente. Il vero guadagno della seconda cosa oltre la prima è che c’è una crescita che dimostra come quei 5 minuti in più te ne facciano risparmiare 10.
Come mai?
Semplice. Anzitutto una velocità più corretta e distribuita (già, non dimentichiamo l’uso che viene fatto dei limiti e degli autovelox.) fornisce un flusso migliore del traffico e, data la moderatezza della velocità, una maggiore attenzione da parte del guidatore agli eventi. Da cui anche migliori reazioni, minori incidenti, quindi direttamente : meno ritardi.
Quanti sorpassi azzardati vediamo?
Quante persone con una BMW/Mercedes da 70000 euro vediamo parlare al cellulare.
Un auricolare bluetooth ne costa 40. Un cellulare che lo supporta circa 200, forse anche qualcosa meno.
Quante le manovre rischiose? quante le scelte spazientite che rischiano di creare incidenti?
E poi, che senso ha avere una velocità se non si ha un mezzo capace a reggerla?
Una macchina di alta classe frena a 170 come una piccola classe frena probabilmente a 100/120.
Se però quell apiccola è dietro il tamponamento è sicuro. E la strage evitata dalla prima è garantita dalla seconda.
Non è banale. Non dico che proprio per il fatto che frena bene bisogna andar forte. anzi, pensate a come frenerà a 130. La velocità va usata con rigore e controllo mai in maniera deliberata.
E poi cos’è quest’arroganza che ci fa credere così capaci di guidare? anche dopo un pò di birre o di vino? anche da ubriachi a volte?

Due incidenti stamani per andare al lavoro.
Due dico. Non uno.
Due. (Il contrario di uno, direbbe Erri de Luca)
La domanda, come tutte le buone domande che si rispettino, sorge spontanea : Perchè siamo così arroganti?
E’ l’arroganza di credere di essere bravi a guidare che ci mette di fronte a pericoli come questi a volte. L’arroganza di credere di poter guidare fumando, parlando al telefono, stando senza cintura.
L’arroganza di credere che abbiamo ottimi riflessi.
Intanto la gente muore sulle autostrade. Anche se a far paura nelle città non è la strada, non son le auto, ma gli extracomunitari. Perchè sia noi che loro (in parti più o meno uguali) ci chiudiamo al dialogo e alla pace che pretendiamo ovviamente nei paesi lontani. Abbiamo paura dell’abbassamento dello stipendio per poi sentirci ricchi di fronte alla vacanza pagata a rate, alla macchina pagata a rate, alla puttana pagata a rate, al gelato pagato a rate.
Ti curano all’ospedale a rate. Speriamo che non muori prima.
Quindi avanti tutta. In cerca di ricchezze che ci facciano sentire importanti, anche se non è così. Cerchiamo i valori negli altri non in noi, cerchiamo la forza negli altri non in noi. Perchè abbiamo paura, ci sentiamo deboli schifiti, inermi, vermi senza spina.
Rateizziamo ancora ancora ed ancora. Che rimane? La tv. Il matrimonio.
Altro? Il telefono, l’orologio di Armani, gli occhiali coprivisochetantosonbrutto.
Le uniche vere povertà del mondo son quella d’animo, e quella del terzo mondo e dei barboni. E spesso non vanno insieme.

Ma andiamo avanti. Stessa strada dissestata, due bicchieri di vino o tre, 140km/h mano con sigaretta e cellulare che squilla contro il muro della demenza.
Vediamo se lo superiamo a capate.

Andrea (sdl)

(ps : spero di riuscire a fare un post prima della mia partenza del 5 Agosto. In caso contrario sappiate che il blog starà fermo per quel tempo)

Neon Genesis Evangelion : Storia di un’adolescenza


Gracchiano le cicale. Il loro suono così inconfondibilmente estivo risuona a volte anche in questa casa. Pochi giorni fa mentre preparavo l’ultimo esame della sessione estiva fuori c’erano loro. Le cicale. A gracchiare senza pietà.

Quel suono iterativo, cieco. Senza un punto di arrivo è il loro suono.
Ma quel suono porta alla memoria pezzi di adolescenza legati un pò a tutto quello che è passato sotto i ponti da me.
Primo fra tutti : Evangelion.
Evangelion, per chi non lo conoscesse, è un Anime. Per i più incolti si chiamano anche Cartoni Animati. Anche se esiste un grosso divario tra un cartone animato come lo intendiamo noi ed un Anime di buona fattura. Spesso l’equazione funziona. Altre volte no.
E’ un pò come i film. Esistono film buoni e film cattivi. O libri buoni e libri cattivi. Gli Anime non fanno eccezione. E mentre nella grande distribuzione tv italiana arriva solo lo scarto per bambini, oltre questo muro c’è molto di più da vedere.
Evangelion è un anime degli anni 90. Un anime che segnò un pò tutti gli altri. Appartiene alla categoria Ama o Odia. Nessuna via intermedia. Evangelion non potrà mai essere un prodotto intermedio.

Tanto per chiarirne maggiormente le forme Evangelion è un anime con i robottoni. Si, quelli di Mazinga e Goldrake. Ma diversi. Esso introdusse concetti psicologici ed umani all’interno della storia che usava gli Eva (i robottoni) come mezzo di combattimento per qualche ragazzetto sfigato.
Evangelion fu davvero un cambiamento in quel periodo. Abituati ai robot invincibili con piloti invincibili era difficile quasi concepire uno sfigato ipercomplessato alla guida di un robot che aveva quasi tratti umanoidi.
In aggiunta Evangelion, come ogni lavoro prodotto da Hideaki Anno (vedesi Nadia e il mistero della pietra azzura), attingeva sapere dai generi più disparati, bibbia, cabala, matematica. Il tutto però intervallato (nelle parti iniziali) con elementi ironici e divertenti che ne smorzavano l’eccessiva pesantezza psicologica.
Evangelion divenne così un fenomeno. Con quel mondo disastrato dal famigerato First Impact durante il quale l’umanità fu messa a dura prova. Con quegli Eva, dalla natura così dubbia, per certi versi umana per certi versi aliena. Con gli Angeli, rappresentazione paradossale del volere distruttivo divino impersonata da mostri adattivi che piano piano imparavano da noi e ne scoprivano le somiglianze.

Con quei tre protagonisti. Shinji Ikari, lo sfigato psicolabile affetto da complessi d’inferiorità, Asuka Soryu Langley, la sfigata psicolabile affetta da complessi di superiorità, e Rei Ayanami, l’amorfa. Raccontati così sono personaggi che fanno sorridere, ma visti allora nel mio passato, non erano certo così. E tuttora dentro di me convive ancora il forte ricordo che ho di loro e del passaggio della mia vita a cui quell’anime finì per l’essere associato.
Un anime che almeno una volta andrebbe visto. Reso disponibile non so quanto tempo fa su MTV ed ora caduto in disuso, evangelion rappresenta spesso il metro di confronto per complessità e buona produzione.

Infine c’era quell’evangelion dal mondo sempre estivo. Un cambiamento climatico imposto appunto dallo sconvolgente First Impact, che impose al mondo la mancanza eterna dell’inverno e l’arrivo cocente delle estati per ogni giorno dell’anno.
Ecco perchè adesso mi nasce un pò di meritata nostalgia quando, ascoltando le cicale, viene revocata in me quell’estate passata, con amici e sentimenti, a guardare evangelion e a memorizzarsi senza volerlo la sigla iniziale in giapponese, che ancora non dimentico (Zankoku na tenshi no…)

Con quelle cicale che erano la vera colonna sonora dell’anime. Onnipresente ovunque, il rumore costante delle cicale era il tremendo silenzio che veniva contrapposto alla strage sociale, ai dolori psicologici, a tutto quello che c’era e non si poteva dire a parole.
Ora torna qui, con prorompenza a ricordarmi che noi non abbiamo estati eterne, e neanche la vita.

Buon estate a tutti (no, ancora non parto)

God’s in his Heaven. All’s right with the world.

Andrea (sdl)

It doesn’t matter anyway

Lo dico prima. Questo post non terrà conto di molte cose. Avrà lacune da un lato o dall’altro.E non vorrà rappresentare una verità o chissà quale altra cosa. E’ un urlo. Disconesso e impreciso. Non si basa su nulla se non sulle mie sensazioni. Nè rappresenta una condanna verso qualcuno.
Questo post, come molti miei altri post, è un urlo indirizzato al cuore delle persone. Se anche un briciolo del cuore di alcuni lo percepisce, per me può bastare. Se non ci arriva, pazienza.
Non aspettatevi un post corretto, perchè non lo sarà.

Droga.
C’è argomento più spinoso? Chi dice che fa bene chi dice che fa male. Chi dice che “non fa poi così male” (e andatevene a quel paese!) Chi dice che fa un pò bene (che caxxo significa?). Chi non dice niente.
Sia chiaro. Io rispetto chi la usa. Rispetto la sua scelta e non ho il diritto di dire a nessuno di non farlo.
Ma generalmente uno si accorge che esagera quando tocca il fondo.
E non sempre hai la forza di nuotare verso l’alto.
E’ facile dire che si assume droga (o si fuma canne, o si fuma anche solo sigarette, o alcol [si, rientra tra le droghe, a livello testuale]) perchè si passa un periodo un pò giù. Perchè le cose van male e cazzate varie.
Facile fare i giochi di specchi con noi stessi.
Dimostrazione lampante che manchiamo di forza d’animo quando facciamo così.
Per carità, è umano.
Ma non aspettatevi poi di migliorare. Se poi rimarrete legati a qualcosa, anche se saprete nasconderlo bene alle vostre menti, non venite a lamentarvi se va peggio. Se non smetterete di fumare o drogarvi. Di annebbiarvi la testa di merda.
“Eh, ma ero depresso” Depresso cosa? Che scusa di comodo è la depressione? Sei depresso anche ora e sarai depresso anche dopo. Bello sperare nell’aiuto del prossimo. Aiuto che non mancherà, perchè se manca farete un viaggio diretto verso la pavimentazione stradale. La depressione è una malattia a volte. Altre volte la malattia vera è solo la paura.
Trovare la forza, quello è il problema.
Me ne rendo conto che non è facile. Io, come molti altri, fatico a trovare la forza per me, ed immagino non sia facile per nessuno.
Ma chi mi autorizza ad indebolirmi? solo me stesso. E sono IO che decido di perdere contro qualcosa. Sono IO che decido di rimanere sconfitto. Non e’ mai il mondo a sconfiggerti. Sei tu a decidere che la partita si chiude con un pò di striscie bianche o una fumea o qualche grado alcolico.
Siamo noi che decidiamo di perdere e di stenderci sui pavimenti. Non ci sono scuse da cercare nel mondo. Impariamo a pulirci il culo prima di lamentarci.
Forse, allora, si potrà iniziare a sperare in un cambiamento. Ma finchè continueremo ad accettare le sconfitte che avvengono dentro di noi allora significa solo che tutto il male che ci capiterà, potremo solo meritarlo.

Andrea (sdl)

(post scriptum : mi rendo conto che il tono del post è discretamente violento. L’ho voluto lasciare così. Non per mancare di rispetto a categorie di persone o per dire che ” Ben ti sta, goditi la tua vita schifosa “. Non è questo il punto del post. Ma spero che le letture attente possano leggere oltre la semplice parola. E comprendere la linea generale che preferisco trasmettere, indipendentemente dalla violenza con cui lo faccio.
Mi scuso se ho offeso qualcuno)