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Pensieri

Non aver paura di saltare

Aster d'automne...!!!
immagine appartenente al rispettivo autore (Denis Collette…!!!, su Flickr)

Dedicato agli innamorati, a chi si guarda negli occhi e vede un futuro.
Ai tramonti, quelli visti dalla punta di una collina col sole che scivola dietro, quasi in una picchiata involontaria.
Dedicato a chi sogna, a chi ride, a chi scherza. A chi guardando gli altri trova quello sguardo chiaro, inequivocabile, di gioia.
A chi vede il futuro con occhi diversi.
A chi sa che il mondo non è fatto solo di bianchi e neri.
Dedicato a loro che hanno ancora un punto dove arrivare, o che ancora non lo conoscono. A quelli che non l’hanno mai avuto, a quelli che l’hanno perduto.
Dedicato a quelli che il punto non se lo sono proprio posti come problema.
Dedicato a chi sa stringersi la mano, con calore, con affetto, con sincerità.
Dedicato agli abbracci, ai calici di vino, ai sorrisi mai scordati, alle notti insonni, alle parole messe bianco su nero, alle spiagge, ai fulmini d’estate con le coperte, al respiro caldo, al dormire senza pensare ad altro.
Dedicato ai piumini delle notti d’inverno, a chi vuole abbracciarsi non per il freddo, alle candele accese al buio per illuminare quanto basta i corpi.
Dedicato a chi ha il coraggio di saltare dalla scogliera, per finire nell’acqua più blu di tutte, a chi non ha paura di questa vita e non si preoccupa di viverla, a chi pensa a riempirsi il cuore di quanto trova e la pancia di quanto c’è.
Dedicato a chi il salto l’ha fatto.
Nell’acqua, nel buio, ovunque.
Perché il punto del salto non è quanto in alto o quanto in lungo lo farai, ma dove potrai atterrare.

Andrea (sdl)

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Pensieri

Questa è l’ultima volta, lo giuro!

Bali Kuta Beach : May their JOY Embrace U!
immagine appartenente al rispettivo autore (zoompict, su Flickr)

Noi, che questa è l’ultima volta che lo facciamo. E lo giuriamo su quanto abbiamo di più caro.
Perché siamo cambiati. Non potete negarlo.
Noi che un’altra volta ci siamo sbagliati, ma stavolta è quella giusta. E gli occhi ce lo dicono. La serenità ce lo conferma.
Noi che ci dimentichiamo delle volte, dei numeri, dei pensieri. Di tutto il tempo passato a rincorrere sogni ed aquiloni, a sperare di poter distillare il tempo in elisir di lunga vita.
Noi a girare per i letti e non dormire mai, con lo sguardo sempre basso ed il cuore sempre sordo.
E sempre noi, che ci cadiamo ancora. Ma vi giuriamo, questa sarà l’ultima. Non lo faremo più.
Perché abbiamo imparato, perché non c’è storia, perché non si può andare avanti così, che il mondo non è fatto mica solo di questo.
Perché c’è altro e non possiamo perdercelo.
Noi che gli impegni a lungo termine sono decisioni a breve termine, noi che poi li disattendiamo, ma la prossima volta ci veniamo di sicuro, lo giuriamo.
Noi che ancora una volta, e un’altra ancora. Noi che sembriamo nastri inceppati a ripetere con costanza una preghiera, noi che nel silenzio della notte rincorriamo di nuovo i fantasmi. Noi che baciamo le mani.
Come per benedirle.
Noi che ci siamo persi, ma stavolta è sicuro che quando ne usciamo, saremo diversi.
E poi noi diversi, che siamo sempre cambiati ma continuiamo a credere di essere lì, immobili, sulla solita spiaggia bianca, col mare in tempesta ed il tramonto nascosto dalle nuvole.
Noi che sogniamo di giorno per dormire la notte, e poi invece rimaniamo così, con la faccia imbambolata.
Noi che abbandoniamo tutto per poco, perché quel poco era tutto per noi.
E poi ve lo giuriamo, sarà l’ultima volta.
L’ultima volta dell’ultimo rimando. L’ultima volta che ricadiamo nei soliti errori. L’ultima volta che saremo noi stessi, o quel tipo di noi stessi. L’ultima volta che ancora un’altra sarebbe troppa, che saremmo idioti.
L’ultima volta che è quella giusta, mica come quella prima. L’ultima volta che non hai idea quanto è stata dura ma non c’era davvero modo.
E poi un’altra, ed un’altra ancora.
Noi che c’abbiamo sempre creduto.
Che forse l’unico vero peccato era quello. Desiderare.
Perché il desiderio acceca, nasconde, distorce.
Ma a volte illumina, colora, mostra.
Noi che non facevamo che vivere di contrasti, di bianchi e neri. Di cose palesi e di cose invisibili.
Noi che un giorno siamo cambiati, e quella è stata davvero l’ultima volta.
E non ci siamo più guardati indietro.

Andrea (sdl)

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Racconti

Indizi – Racconto 10 – La forma del colore

secret place.
immagine appartenente al rispettivo autore (Samchio., su Flickr)

Questo racconto fa parte di una serie di racconti ispirati da “indizi” dettati dai commentatori del blog.
Il commentatore che ha ispirato il racconto è Sara con le parole: “cappuccino,segreto,mani”

La forma del colore

La periferia di Milano era un sobborgo fatto di nebbia, di catrame lasciato asciugare a terra, di odori forti come quella stessa pece stradale ancora fresca, così sintetica.
Quando ci arrivavi potevi solo sperare di trovare qualcos’altro ma la verità è che, spesso, quello che trovavi era quanto ti veniva concesso.
La periferia era costituita da agglomerati di case uguali. Palazzi uguali. Alti nello stesso modo, colorati con il solito cattivo gusto. Qualche albero sparuto abbandonato nel mezzo del grigio per provare a nascondere l’inconfondibile carattere della città non bastava a illudere i passanti: Si viveva in un muro di cemento.
Come vivere nel muro di Berlino, più o meno.
E tutti ad aspettarsi la grande caduta.

C’erano soltanto due modi per cui tutto questo si mescolava e si nascondeva.
La pioggia, e la notte.

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Pensieri

Essere se stessi

Another love story
immagine appartenente al rispettivo autore (dhammza / off, su Flickr)

E qual’è il valore dell’amore?
Qual’è la strada da seguire? Com’è che alcuni sprigionano quell’aura di calore che non sappiamo spiegarci?
Cos’hanno visto? Cos’hanno vissuto?
Qual’è l’incrocio dei binari dove hanno scelto qualcosa di diverso da noi?

Qual’è il punto dove potevamo scegliere l’altra direzione?

Non c’è. Ecco la verità.
La verità è che chi sprigiona calore non si è mai domandato quale fosse la direzione, la retta via da seguire. L’ha solo seguita, perché dentro di se sentiva, e non per rabbia o isteria o impulso, che era giusta.
Nel più semplice dei modi.
Ecco la vera differenza, il cambio drastico.
Non importa lo scopo, l’obiettivo. Non importa neanche qual’è il punto dove vogliamo arrivare.
A volte è semplicemente seguire se stessi, non gli impulsi, non i bisogni crudi.
No, seguire la parte più intima e solitaria di noi, quella con la voce soffusa come la luce del sole al crepuscolo. Quella a cui non importa del nostro colore, dei nostri traguardi. Quella per cui noi siamo semplicemente noi e non dobbiamo dimostrare nulla a nessuno.

Perché è seguendo quella parte, così nascosta ed invisibile, che si crea tutto questo. Il calore, la luce, noi.

 

Andrea (sdl)

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Pensieri

Quante cose si possono dire sulla luce

I'm bokeh, you're bokeh, pure bokeh, okay? (Fireworkskeh and Boatlightkeh for HBWE!)
immagine appartenente al rispettivo autore (kevin dooley, su Flickr)

Luce. Che la notte fa buio prima ma riesci a vedere le cose.
Luce, ancora una volta, che rischiara il mattino e la brezza dell’inverno fa freddo fuori, ma non dentro.
Luce di candela, col caldo di quando avvicini la mano, ed il profumo di quel secco bruciato quando scompare e torna l’oscurità.
E il mattino, la prima alba, il sole timido che prova a confermare la sua presenza.
E la luna, piena come un bimbo troppo affamato e troppo poco controllato che si mangia ogni raggio del sole per rimandarlo da noi e la notte sembra meno buia del solito.
Luce, come i sorrisi dei bambini. Come gli abbracci delle ragazze, e delle donne.
Come i baci che non capisci.
Come l’erba in una sera d’estate e quel fresco che sembra bagnato ma non lo è e sentire sotto di te la morbidezza del mondo intero che ti abbraccia solo per rassicurarti.
Luce in fondo al tunnel, che un’uscita c’è sempre e occhi accecati perché troppo abituati al buio, e paesaggio sconfinato, col mare che divide il cielo ed un po’ si consuma in esso.
E poi? E poi ancora muri, muri sconfitti dal bisogno di luce, finestre di case che la mostrano e mostrano le ombre di persone che si muovono si toccano, si sfiorano.
Ombre che esistono solo perché qualcosa dietro di loro le definisce.
Luce d’estate luce d’inverno. Luce di una carezza sottile come un filo d’erba, come il rumore di una foglia d’autunno che cade, come il sussurro segreto di un pensiero.
Raggi, che appaiono come lance fiammeggianti attraverso la polvere e scoprono parti che non conosci, dettagli che ignori.
Luce di riflesso, come quando una finestra s’apre.
Luce come cantare nel mezzo della notte, o in pieno giorno.
O come la nebbia, che non sai quando finirà ma il mondo ti sembra infinito comunque. E non vedi le strade ma le senti.

O come il sentire, sentire dentro. Il percepire un fuoco intorno ma niente che brucia. Come l’anima quando si rincuora, come il sorriso di un vecchio che ti ha visto crescere.
Luce come chi ti guarda e sa chi sei perché l’ha capito, come la scrittura a mano che fa trasparire cosa sei, come la carta che tocchi pagina per pagina.
Come le pagelle con i voti alti.
Luce come i segreti dell’infanzia, quelli innocenti.
O quelli dell’adolescenza, forse più complicati.
Luce che complicata non è e risulta sempre semplice, immediata, lineare.
Come una strada che sai dove parte e sai dove arriva, come l’attimo prima del bacio dove senti il respiro, come il soffio di qualcuno sulla pelle, come il contatto, fuori ed attraverso, come sentirsi nudi, come non sapere ed imparare, come lasciar le cose al loro corso senza alcuna paura, come un fiume freddo e le stalattiti di ghiaccio che si spezzano quando le prendi per le mani, luce come l’inverno ed un camino, luce come il suono della voce di tua madre che ti racconta una fiaba, o come l’odore di un bosco.
Luce pura, come l’aria di montagna come la prima intenzione e la prima cosa bella, come tutte le prime volte dove non sapevi ed eri passibile d’ingenuità.
Luce come ingenuità ed innocenza, trasparenza, vetro senza incertezze, metallo perfetto, anima e corpo, come acqua di un fiume corroborante, come rugiada del mattino che la riflette.
Luce e ancora luce.
Che sembra ci si possa nuotare e non finisce mai.

Andrea (sdl)

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Pensieri

Sembra novembre

November rain
immagine appartenente al rispettivo autore (wili_hybrid, su Flickr)

Sembra d’essere a novembre, che il sole non sorge più, e fa più buio fuori.
Che poi com’è che c’è “Più buio” o fa “Più buio”. L’oscurità non ha un oltre, ha un confine.
O è buio, o non lo è.
E sembra novembre comunque. Buio o non buio. Sembra che tutte le foglie verdi siano cadute anche se sono lì, sembrano invisibili e si vedono i rami, come uno scheletro in una vista a raggi X.
Sembra novembre ma fa meno freddo, però piove uguale ed il mondo ha perso i colori, ed eccoci in un quadro impressionista dove qualcuno era più triste del solito.
Sembra un giorno senza l’alba, e quando vedi il sole ti domandi com’è che sen’è uscito solo ora, da dove è arrivato, e perchè non s’è fatto vivo prima.
Ecco, non sono domande proprio da settembre, forse, appunto, da novembre.

Che novembre è il mese prima del natale e vedi i banchetti che si montano, si preparano. Le piazze si gremiscono e tutti stanno vicini.
Perchè faccia meno freddo e si senta un pò di calore.
Per scaldarsi.
Sembra novembre che ancora guidi con i tergicristalli attivi e senti quel tu-tum che è il battito della tua auto.
No ragazzi, un’auto non ha il cuore nel motore, ma nei tergicristalli. E’ tutto lì il ritmo, il tu-tum.
Tu-tum.
Ed un cuore che batte e siamo ancora qui. A guidare per le strade cercando indicazioni.
Tu-tum.
E il sole non c’è .
Tu-tum.
Il corvo diceva che non può piovere per sempre, vallo a dire a Noè.
Tu-tum.
O forse il corvo aveva ragione.
Prima o poi il sole esce, eccome se esce, anche se sembra novembre.

Andrea (sdl)

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Pensieri

Non possiamo permetterci tutto

Running & Swinging with Fire
immagine appartenente al rispettivo autore (alexkess su flickr)

Soundtrack: #Scala and Kolacny Brothers – With or without you#

E siamo anime senza strada, che la retta via l’avevamo smarrita troppo tempo fa per ricordare dove fosse.
Ed il mare era fatto solo di onde, e noi le tagliavamo come coltelli affilati tagliano la carne. Ci abbandonavamo solo per sapere che eravamo capaci di sapere dove eravamo, quale era il nostro punto nel mondo.
E guardavamo fuori dai finestrini il mondo scorrere velocemente, per raccontare il nostro viaggio.
Guardavamo dentro le case, non per spiare, ma per vedere com’era la vita degli altri, cosa c’era dietro le luci della sera, dietro le ombre sulle tende.
Dietro il silenzio del vicinato.

Eravamo solo alcuni tra i tanti, sopra navi, carri, auto.
Non avevamo strada, non avevamo una casa.
Abitavamo però, e camminavamo.
A volte percorrevamo strade così lunghe da dimenticare il luogo da cui eravamo partiti. Altre invece cercavamo di star fermi, per non sentire il dolore, o il rumore del mare.
Stavamo fermi perché credevamo che con quell’immobilità si potesse fuggire a qualcosa.
Le fughe silenziose ci hanno sempre affascinato, come quelle dai carceri dove a volte siamo finiti, e le sbarre erano fatte di qualcosa di invisibile ed indistruttibile.
E per uscire non sapevamo come fare.

Abbiamo provato ad essere diversi per poi capire che il punto non è cosa vuoi essere ma cosa sarai.
E mentre da un lato puoi provare con tutta la tua forza a modellarti, dall’altro dovrai solo imparare a capire cosa sei, che nella vita lo capisci poche volte, ed in quelle volte, in genere, ti vien da piangere.

E siamo ancora qui, con la penna in mano e la voglia di dire qualcosa ed il cuore che ci batte forte.
E non sappiamo come dirla. E ci perdiamo tra le indicazioni per andare da qualche parte. Dove? Non si sa.
Neanche noi lo sappiamo. Un giorno apriremo nuovamente gli occhi e ci diremo: Bella questa città.
E saremo tutti bellissimi, ritrovatì lì, destino o fortuna, caso o scelta, saremo bellissimi intorno a quel mondo che ci ha ospitati fino ad allora.
E le nostre prime parole ci sembreranno uniche, anche se le avremo già dette centinaia di volte.
Ed i nostri sogni ci sembreranno veri.
Come sempre, perché abbiamo quest’abitudine a sognare ad occhi aperti che non vuole andarsene via. Alle volte qualcuno ci apostrofa come pazzi ma nel nostro cuore sappiamo che la realtà ci potrà ancora sorprendere, e chi lo nega è solo uno che spera in una strada diritta, con una destinazione prestabilita, una casa preparata da altri, un camino bello caldo, e tutte le cose in ordine.
Ma noi siamo quelli disordinati che se ci chiedi di rimettere a posto lo facciamo, ma viviamo nel nostro costante disordine.
Perché sono gli oggetti che non vedi che non sappiamo rimettere a posto.

Ed abbiamo voci.
Voci sussurrate che facciamo sentire solo ad alcuni. Abbiamo segreti inconfessabili che quando li confessi ti sembrano comunque meno tabù di quanto credevi.
Siamo sempre noi, ed abbiamo ancora voglia di andare avanti, nonostante non ci sia la strada e la nostra retta via, forse, è andata smarrita.

Andrea (sdl)

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La strada per la nostra età

STORIE IN TERRA BATTUTA - ovvero - se in fabbrica hai un campo da calcio, ma i diritti te li puoi scordare #1
immagine appartenente al rispettivo autore (RICCIO, su Flickr)

Diventi vecchio e ti accorgi di aver perso qualcosa che pensavi ti sarebbe appartenuta sempre.
E non è l’amore a preoccuparti, ma qualcosa di te, che con il tempo si è corrosa, dissolta nel nulla.
Guardi le foto e vedi una linea temporale attraverso i tuoi volti, le tue rughe.
Una linea che potrebbe raccontare tutto di te, almeno ad impressioni, ma che in verità mostra solo dove sono avvenuti i terremoti, dove il tempo ha lasciato il segno.
I tuoi capelli bianchi di paura o di tristezza nessuno li conosce. Per gli altri sono solo l’età che avanza, per te una storia da raccontare.

Ma è così che alla fine guardi le foto e vedi qualcosa di diverso, di mutato, di alterato. E non riconosci chi c’è nello specchio.
Per chi sei cambiato? Per cosa sei cambiato?
Tutti i valori che erano giusti ora sono diversi.
La giustizia per noi è un mutaforma di cui non abbiamo immagini di repertorio.
Guardi e pensi che c’è chi riesce a rimanere “uguale” nelle foto e magari è solo più bravo di te a mentire.
Dopotutto mentire fa parte della nostra natura. Ci dobbiamo proteggere. I segreti servono a proteggerci dagli altri, perché, ammettiamolo: Non siamo fatti di acciaio.

Ed ora che la tua foto è diversa ti accorgi che non è che sei diventato più vecchio.
Hai perso un po’ di luce. Luce che prima potevi avere. Luce negli occhi. E ti domandi se tutta questa emancipazione non sia stata un qualcosa di troppo costoso, se il pegno da pagare fosse stato troppo alto.
Magari è troppo tardi dici, e forse questa è un’altra di quelle volte che ricorderai come “Avrei potuto fare qualcosa” e invece metti solo altra acqua a bollire, per modellarti un altro pò.
Tra dieci anni sarai ancora diverso, e di te, della persona che ricordavi, non rimarrà probabilmente niente.

Ci sarà stato un periodo dove eri d’ispirazione per molte persone. Dove la tua forza era un carburante inesauribile per chi ti era vicino. E adesso vai a singhiozzo, come un diesel dalla mescola sbagliata.
C’è stato un tempo dove potevi correre col sorriso, dove guardavi l’erba e te ne stupivi, dove tutto quello che avevi intorno non aveva nome.
Poi, con i nomi, hai perso qualcosa, quella magia dell’ignoto, ed ora nella tua vita tutto deve avere un nome, una connotazione, un cassetto nel tuo armadio dove deve finire.
Perchè siamo avidi di questo sapere.
E ci modelliamo su questo e su tutto quanto ci circonda, pensando che modellare il nostro modo di essere sia l’unico metodo per riottenere ciò che avevamo.

Peccato che allora eravamo diversi. Ed era per quello che potevamo permettercelo.
Siamo migliori? Lo sapremo tra dieci anni.
Però nel mentre possiamo domandarci dove stiamo andando. Disegnare una retta, non certo scritta nella pietra, di ciò che per noi è importante. E non illuderci di poterci cambiare così.
Per ognuna di queste scelte avremo da pagare un pegno a noi stessi.
Se ci andrà bene sarà solo un altro capello bianco, altrimenti sarà qualcosa di più.

Andrea (sdl)

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Essere

16-07-10 The Best Way To Make It Through
immagine appartenente al rispettivo autore (Bethan su flickr)

Sono fatto di ogni odore che ho respirato, di tutto il sudore d’altre persone che in un modo o nell’altro è finito su di me. Sono fatto della saliva di chi ho baciato, dei profumi di chi ho toccato, dei pensieri di chi ho conosciuto.
Sono fatto di vestiti che ho scelto, di persone che mi hanno scelto per qualcosa di più importante, di elementari equazioni che soluzione spesso non hanno.
Sono fatto di caldo, di sale e delle lacrime che ho visto cadere, che ho baciato, che ho leccato via sotto ogni loro buio, delle luci soffuse, delle candele spente con un soffio e via, sono fatto dei suoni della casa in cui vivo, dei passi che sento, dei pensieri che ho.
Sono fatto dei batticuore che ho ascoltato, cercando una sinfonia perfetta, delle parole che ho indovinato senza che nessuno le proferisse, sono fatto degli sguardi che volevo congelare, come i momenti che vivevo, sono fatto di mani che si stringono per non lasciarsi mai ma che poi si sono separate sempre.
Sono fatto del profumo di shampoo sui capelli, della voce che non sempre usciva ed a volte era rotta e spezzata. Sono fatto di morsi, segni sulla pelle, sulla schiena, dentro il cuore, di cicatrici che col tempo non andranno mai via e non voglio alcuna chirurgia estetica che nasconda ciò che ero.
Sono stato il mio passato, ma non lo sono più, e nel mio futuro non c’è qualcosa che sono o che io possa sapere di essere.
Sono fatto di rabbia, urli, vetri rotti e spaccati, di vasi che si riempiono fino a strabordare, di piante che muoiono per mancanza d’amore, di quadri dipinti, centinaia di foto per immortalare la perfezione, centinaia di momenti perfetti immortalati e poi morti altrove.
Sono fatto di luce, della speranza che vorrei ognuno avesse nel cuore, della gentilezza di chi vuole comprendere, del cinismo di chi non sa capire.
Sono di passaggio, ma ho una strada da seguire, ho desideri da realizzare, ed un corpo da muovere.
Sono fatto degli abbracci, quelli buoni, quelli finti, quelli cattivi, quelli che avresti voluto durassero di più, quelli che sarebbe stato l’ultimo e quindi facciamolo durare, quelli che non sai cosa dirai appena ti stacchi, quelli che dovrà andare così, quelli che ci rivediamo presto, quelli che vorrei davvero poter trasmettere qualcosa.

Siamo fatti di tante cose. Anzi, siamo formati da tante cose. Ci siamo formati su di esse, ma ciò che siamo sfugge. A noi come agli altri.
Siamo il prodotto di tutto ciò che ci è passato addosso, ma più di ogni altra cosa siamo qualcosa che non è rappresentato da nulla di tutto questo.
Non siamo il nostro passato.
Non siamo il sudore d’altri, nè i loro batticuore.
Non siamo neanche i nostri batticuore come non siamo le lacrime che abbiamo dato o visto.
Siamo qualcosa di diverso. Qualcosa che grazie a tutto questo ora esiste, ma che in verità non lo rappresenta.
Per dirla semplice: siamo noi.

Andrea (sdl)

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In questo io credo

Late Afternoon At Cagsawa
immagine appartenente al rispettivo autore (Storm Crypt su Flickr)

Soundtrack: Ludovico Einaudi – Stella del mattino

E non saremo sale. Ma sarà il nostro bacio ad esser tale.
Saliremo nel cielo, e voleremo come pochi altri han saputo fare. Ci credi?
Io credo nei tuoi occhi rossi, inverosimili, improbabili come un sogno, credo che ci possa essere qualcosa aldilà di queste fiamme.
Credo ci sia un luogo dove tutti staremo meglio, ma ciò non ci priva certo della possibilità di stare bene qua.
Qua dove? Qui.
Intorno possiamo far fiorire prati, migrare stagioni, innaffiare pensieri.

Siamo uomini.
Sogniamo.
E’ questo che ci rende speciali. Riusciamo ad intravedere oltre un muro invisibile qualcosa che altrimenti non esisterebbe.
Crediamo nel futuro, negli altri, crediamo ci sia qualcosa in cui credere.
Crediamo che ci sia speranza, che si possano cambiare le cose.
Ed anche quando ci dimostreranno il contrario quella fiamma non si spegnerà.

Credo ci sia un momento per dire di no, ed un momento per ascoltare ciò che gli altri hanno da dire, senza interromperli.
Credo ci siano troppe verità e meno falsità di quelle che noi immaginiamo, ma che sia davvero difficile distinguerle.
Una verità è un punto di vista.
Una falsità è un punto di vista diverso.
Tutto sta nei passi che siamo disposti a compiere per trovarci a metà strada.
A volte verità è anche questo.
Credo ci sia bisogno di amare, di credere di amare, di amare il credo. Credo che l’amore non sia dovuto ma sia un bisogno fisiologico.
Credo nella chimica ma non credo serva la chimica per amare, sebbene dia un grande aiuto.

Siamo quello che siamo, e crediamo in cose ogni volta diverse.
A volte speriamo anche solo in un telefono che squilla, a volte sacrifichiamo la nostra intera vita per costruire qualcosa che non avevamo previsto.
E solo ad opera compiuta vediamo dove siamo arrivati.
A volte corrodiamo rapporti, siamo deboli, e lasciamo che le cose vadano da sole, senza provare a salvare il salvabile.
A volte il rancore e la delusione sono un’altra verità, un altro punto di vista.
Siamo vittime di noi stessi, dei nostri pregiudizi.

E vorrei poter dire che credo che a tutto ci sia soluzione.
Io so che c’è, ma non tutti hanno la forza necessaria.
A volte, per credere, non devi essere solo.
Altre volte, per credere, una folla ti demolirà.
Credere in ciò che puoi fare, credere in ciò che di buono hai dentro.
Credere che puoi farcela.
Credere che non sei da buttare, che non ti hanno costruito male, che non sei sbagliato, ma solo una costruzione differente.
Credere che puoi.
Che puoi.
Perchè puoi, davvero. Non è una questione di deciderlo od affermarlo.

L’unico vero credo di cui abbiamo bisogno, è il bisogno di credere.
Trovato quello, siamo a metà strada.

Andrea (sdl)